In genere i sindacati, compresi quelli confindustriali, si accorgono che qualcosa non funziona quando la maggior parte dei loro iscritti chiude o scappa. Cercano di mettere una toppa a buchi che spesso hanno contribuito a fare. Così oggi il Parlamento sta approvando norme che in futuro saranno ostacoli alle imprese senza che nessuno si scandalizzi apertamente.
Ci sono tre casi clamorosi, ora in corso.
1. Lo sceriffo anticorruzione Cantone, quando ha un sospetto, è in grado di commissariare un'impresa o un ramo di essa. Con una buona dose di discrezionalità e con poca tutela garantista a favore dell'imprenditore.
2. Si vuole introdurre un reato di autoriciclaggio. Per il quale si paga due volte per la stessa condotta criminale. È come pensare che un rapinatore si astenga dal rubare perché rischia la galera se infrange una vetrina.
3. Si vogliono inasprire le pene per il falso in bilancio, reintroducendo, come ai tempi di Mani pulite, la procedibilità d'ufficio. La pubblicistica sostiene che il falso in bilancio non ci sia più grazie a Berlusconi. Il reato esiste eccome. È stato depotenziato, in funzione della sua gravità civile e sociale. E soprattutto è ora pensato in funzione del danno arrecato al privato.
I manettari, legittimamente dal loro punto di vista, sono ancora insoddisfatti. In Parlamento infatti si arriverà a una mediazione. Come per l'articolo 18 si ottenne la soglia dei quindici dipendenti. Il punto è che queste norme contribuiranno a rendere più difficile e incerto fare affari in Italia.
Qui non si difendono i malfattori, ma la maggioranza degli imprenditori italiani, che non rubano e non riciclano. Costoro grazie all'inasprimento delle norme che oggi vanno tanto di moda (come negli anni '70, il diritto del lavoro sbilanciato a favore di una parte) introducono un ulteriore fattore di discrezionalità burocratica all'interno dell'impresa. Come si farà, ad esempio, a stabilire il confine (per quanto riguarda l'autoriciclaggio) tra il godimento personale (non punito) e l'utilizzo affaristico? Ma è ovvio, a decidere sarà un magistrato.
La rappresentazione poco veritiera di un bilancio è un crimine innanzitutto sociale. Essa infatti colpisce creditori, eventuali azionisti di minoranza, fornitori e chiunque abbia un rapporto con l'impresa. Ma è di tutta evidenza che la falsità di un bilancio è tanto più grave quanto più sia alterata la rappresentazione della realtà.
Ciò che sosteniamo è risaputo. Magistrati, avvocati e imprenditori sanno che queste norme rischiano di diventare un nuovo freno all'impresa in Italia. Ma hanno tutti paura. Hanno tutti timore di criticare il pensiero unico della legalità.
Per il quale basta una norma, severa, severissima, per abbattere il malaffare in Italia. Magari fosse così semplice.La pavidità di chi oggi potrebbe parlare ed opporsi, è il prezzo che pagheremo tra dieci anni per ritornare indietro da questa strada folle e oggi così apparentemente di buon senso.
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