Messina: «La bad bank ora non serve»

L'ad di Intesa: «Atlante ha scongiurato il rischio sistemico». Il monito S&P

Una bad bank ora per risolvere definitivamente il problema dei crediti deteriorati «non servirebbe a nulla». Lo ha detto l'ad di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina in un'intervista al quotidiano francese Les Echos. Spiegando che «ora ciascuna banca deve rafforzare la sua struttura interna di riscossione dei crediti deteriorati. Semmai una bank band europea si doveva fare cinque anni fa».

Nel frattempo, il ministero dell'Economia ha ripartito il fondo da 20 miliardi per le banche: 16 miliardi sono destinati alla copertura degli oneri derivanti dalla sottoscrizione e acquisto di azioni effettuate per il loro rafforzamento patrimoniale; 4 miliardi sono destinati alla copertura degli oneri derivanti dalle garanzie concesse dallo Stato su passività di nuova emissione e sull'erogazione di liquidità di emergenza. Il Tesoro dovrebbe utilizzare circa 11,5 miliardi per ricapitalizzare Mps, Pop Vicenza e Veneto Banca.

Il salvataggio pubblico delle banche italiane potrebbe però innescare un «circolo vizioso», sostiene Moritz Kraemer, analista di S&P Global. «Se ci fosse l'annuncio di un tapering (ovvero a riduzione graduale degli acquisti di bond, ndr) - ha sottolineato Kraemer all'agenzia Reuters - allora il sistema bancario italiano sarebbe notevolmente esposto a causa dei bond governativi in portafoglio». Secondo Kraemer, l'ipotesi di cui sopra costringerebbe il governo a salvare il sistema bancario. Da qui un impatto indiretto sul rating sovrano.

Sulla ricapitalizzazione precauzionale di Monte Paschi «stiamo chiudendo l'accordo con la Commissione europea, è questione di giorni», ha intanto assicurato Fabrizio Pagani, capo della segreteria tecnica del Mef.

Quanto alle venete, oggi a Bruxelles si terrà una riunione tra la Dg Competition, i vertici dei due istituti e i tecnici del Tesoro per fare il punto sulla trattativa dopo le indiscrezioni sulla richiesta di un miliardo in più da trovare sul mercato.

CC

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