«L'importante è evitare che si trasformi in un Monte dei Paschi di Santander perché si tratta di difendere non solo il legame con il territorio, ma soprattutto un patrimonio in termini di posti di lavoro e di clientela». Il sindaco di Siena, il renziano Bruno Valentini, ha sintetizzato in questi termini il contrasto - puramente dialettico - che si è sviluppato negli ultimi giorni tra il numero uno della banca Alessandro Profumo e il presidente della Fondazione, Antonella Mansi.
Quest'ultima, alle prese con la gestione di un debito da 350 milioni, ha in portafoglio ormai solo il 33,5% del Monte che in Borsa vale 0,2168 euro per azione (ieri +0,46%) e in bilancio 0,24 euro. All'attivo, perciò, ci sono 850 milioni. Se l'advisor Lazard riuscirà nell'intento, il rebus potrebbe risolversi al meglio per Palazzo Sansedoni, magari coinvolgendo qualche investitore (anche estero) interessato al settore finanziario. Ma dall'altra parte del tavolo c'è la banca che, in cambio dell'ok di Bruxelles ai Monti-bond, deve aumentare il capitale di almeno 2,5 miliardi il prima possibile, al più tardi in primavera.
Ma la ricapitalizzazione-monstre di fatto azzererebbe il valore della partecipazione dell'ente (oltreché aprire allo straniero). E qui si sono sviluppate alcune scintille, solo verbali. «Per noi questa prospettiva è fortemente penalizzante», ha dichiarato Mansi, aggiungendo che «il tempo per noi non è una variabile irrilevante - ha spiegato - e auspichiamo un percorso che non penalizzi la Fondazione». La replica di Alessandro Profumo non s'era fatta attendere. «Ci muoviamo sulla base del codice civile: il cda farà tutte le valutazioni nell'interesse del Monte e del 100% degli azionisti», ha detto.
A contorno di questa contrapposizione c'è il progressivo sgretolarsi del vecchio sistema-Siena, cioè l'asse Pd-Comune-Fondazione-Banca. «Ora abbiamo solo quattro amministratori nella deputazione generale, non ci possono accusare di nulla né possiamo pretendere nulla se non che i nostri rappresentanti non siano autoreferenziali», aggiunge il sindaco Valentini, annunciando l'approvazione del primo bilancio comunale che si regge in piedi senza il contributo dell'ente. Ma dalle parole traspare l'amarezza per le dimissioni del vicepresidente Giorgio Olivato dalla deputazione amministratrice, in polemica con il piano «lacrime e sangue» di Mansi. Un gesto che non ha lasciato indifferente Siena. Eppure, il recupero di un rapporto più sereno tra città e Fondazione è uno dei presupposti per il mantenimento dell'italianità di Mps.
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