La Bce spegne il "bazooka". Cosa succede ai mutui: chi ci rimette

I tassi dei mutui sono in crescita e la mossa Bce impatterà sia sul fronte dei tassi fissi che di quelli variabili

La Bce spegne il "bazooka". Cosa succede ai mutui: chi ci rimette

I mutui saranno toccati dalla mossa della Bce? In un certo senso lo sono già, come era inevitabile.

La Banca centrale europea ha annunciato che da luglio sarà avviato un percorso di normalizzazione della politica monetaria e si procederà al primo aumento del tasso d'interesse dal 2011 ad oggi. I tassi saliranno allo 0,25% a partire da luglio e cresceranno ulteriormente, in misura da definire, da settembre.

I mutui, in quest'ottica, possono reagire in diversi modi alle mutate politiche monetarie. Partiamo da un presupposto: l'annuncio della stretta monetaria, dell'aumento del costo del denaro e della maggiore difficoltà imposta sul circolo della valuta in Europa ha già provocato nelle scorse settimane un rincaro dei tassi fissi, quelli cioè che sconteranno negli anni gli effetti delle problematiche del momento della stipulazione.

In particolare l'IRS (Euro Interest Rate Swap) o Eurirs è stato profondamente impattato: l'Irs, per la precisione, è l'indice principale utilizzato per la determinazione del tasso di interesse dei mutui a tasso fisso. Esso è di fatto la media ponderata delle quotazioni alle quali le banche operanti nell'Unione Europea stipulano contratti di protezione finanziaria per la copertura del rischio rappresentato dalla volatilità dei tassi di interesse, i cosiddetti Swap. Può essere quotato per durate dai 10 ai 30 anni e il tasso di riferimento è l'Irs a vent'anni. Quest'ultimo è cresciuto di circa sei volte da novembre a oggi, passando in Unione Europea dallo 0,39% al 2%.

Il mercato sta prezzando in termini negativi la congiuntura, interiorizzando i rischi del carovita e della fine di un periodo di vacche grasse, come ha recentemente dichiarato Stefano Grassi, presidente della società di mediazione creditizia Affida: "i tassi sui mutui", ha detto a SimplyBiz, erano "ai minimi storici da otto-dieci anni" prima di questa fase complessa. "Detto questo, in pochi mesi abbiamo visto salire alle stelle il tasso di inflazione. Un anno fa si attestava all’1,3%; a dicembre 2021 era più che raddoppiato e pari al 3,1%, oggi è al 6,5%": l'Irs, che deve vincolare a lungo termine un mutuo alle condizioni macroeconomiche in cui è stato stipulato, ha reagito alla volontà di Francoforte di rispondere tagliando le gambe all'inflazione stringendo sul denaro.

Le mosse annunciate da Lagarde e dalla Bce potranno avere l'effetto di dare un'ulteriore spinta all'Irs ma nello specifico potranno in particolare impattare sulle componenti variabili: crescerà, sicuramente quella componente variabile che in un numero residuale di mutui si ancora al costo del denaro della Bce. Esso sarà pari allo 0,25% da luglio e potrebbe crescere allo 0,5% da settembre. Ma aumenterà senz'altro anche l'Euribor, che viene pubblicato giornalmente dalla Federazione Bancaria Europea e rappresenta il tasso medio delle transazioni finanziarie in Euro tra le principali banche europee, il quale crescerà per il costo del denaro.

Si porranno dunque, in particolar modo, due questioni per il futuro del mercato dei mutui: tasso fisso o tasso variabile? E, nel secondo campo, tasso Bce e Euribor? Sul primo punto sicuramente la scelta della Bce di lasciare intendere una crescita graduale dei tassi può invertire il trend fotografato di recente su Il Giornale: "fino al 2021 la scelta primaria (95% delle richieste) era stato il tasso fisso, in quest'ultimo periodo, per quanto concerne i mutui, stiamo assistendo a un ritorno del variabile, arrivato a costituire il 24% delle domande".

In una fase di inflazione galoppante un tasso fisso può rappresentare una forma di rifugio specie se, al contempo, la componente variabile rischia di essere vincolata alle mosse regressive della Bce o ai rischi connessi a un blocco del mercato interbancario in caso di caduta dell'Europa in recessione. Sul secondo fronte, in quest'ottica, la gradualità degli annunci della Bce permette di garantire nuova vitalità allo stesso tasso ancorato al costo del denaro rispetto all'Euribor, oggi in territorio negativo attorno al -0,4-0,5% ma destinato a un nuovo accrescimento. Quel che è certo è che la fase di costi risicati è definitivamente finita. E la stretta Bce consoliderà questo trend.

Per Paesi come l'Italia un effetto calmiere può giungere dalla vitalità dei mercati, a patto di governarne la frenesia. "A fronte di un numero complessivo di mutui pari a più di 396.000 nel 2019, e poco più di 363.000 nel 2020, il 2021 ne fa registrare oltre 448.000, con un incremento pertanto di oltre il 23% rispetto all'anno precedente e di circa il 13% rispetto al 2019", fa notare il rapporto Dati Statistici notarili diffusi oggi. Il maggiore ricorso al credito in Friuli-Venezia Giulia, seguono Lombardia e Emilia Romagna.

Se la corsa continuerà, si tratterà di mutui più costosi che solo la presenza di garanzie pubbliche o di una vera ripresa economica e della fiducia dei consumatori potrà consentire ai cittadini di onorare con facilità.

L'aumento del costo del denaro deciso dalla Bce non è una condanna per i mutuatari, ma cambia sicuramente le carte in tavola. Riaprendo però una scelta tra diverse opzioni che può favorire la diversa propensione al rischio o al risparmio di chi entra nel mercato.

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