Nella questione spinosa dei diritti tv per il calcio, oggi al centro dell'assemblea della Lega, Sky ha più volte invocato il rispetto delle regole. Ebbene, forse una semplice regola di buon senso avrebbe dovuto consigliare ad Andrea Zappia, ad del gruppo televisivo di Murdoch, di non incontrare nei giorni scorsi Matteo Renzi. Zappia ha ricordato al premier non solo gli investimenti effettuati da Sky in Italia, ma anche l'insofferenza delle multinazionali verso l'abitudine nostrana di ribaltare le norme quando la partita è già in corso. Un chiaro riferimento alla gara per i diritti fatto nonostante il governo non abbia voce in capitolo nella vicenda. Dopo il duello in diretta tra Ilaria D'Amico (Sky) e Mino Taveri (Mediaset), adesso la battaglia si arricchisce di un nuovo capitolo. In ballo c'è un tesoretto miliardario, cui difficilmente le squadre di serie A rinunceranno. In seguito alla gara sono arrivati sul tavolo dell'advisor Infront offerte per circa 1,1 miliardi di euro a fronte di una base di gara di 980 milioni annui che comprendeva i diritti esteri. Ma il problema che si pone ora riguarda proprio l'assegnazione che potrebbe, sulla carta, dare luogo ad una guerra di ricorsi legali.
A sparigliare le carte è stata Sky, che ha presentato l'offerta non solo per il satellite (420 milioni per le prime otto squadre di A), ma anche per il digitale terrestre a pagamento (316), piattaforma per la quale potrebbe utilizzare quattro canali di Telecom. Sky è risultata la prima in termini di offerta in entrambi i pacchetti messi a gara.
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