Sergio Marchionne si è visto chiudere la porta in faccia dalla General Motors e, crediamo, anche dai francesi di Psa Peugeot Citroën. Gli approcci dell’amministratore delegato di Fiat-Chrysler non hanno avuto, come si sa, esito positivo. Piuttosto che mettersi insieme al gruppo italo-americano, i candidati partner di Detroit e Parigi hanno preferito unire le rispettive forze e annunciare, a tempo di record, un’alleanza industriale. E Marchionne? Di sicuro, essendo un vincente per natura, non l’ha presa bene. Ma più che a rimanerci male per il «no thanks», ricevuto da Dan Akerson, numero uno del colosso Gm, Marchionne deve aver compreso che la sua battaglia contro la sovraccapacità produttiva in Europa probabilmente la combatterà da solo. Come presidente dell’Acea, l’Associazione dei costruttori europei di vetture, Marchionne ha infatti ripreso in mano il problema, allertando tutto il settore e le autorità di Bruxelles: o si corre ai ripari, o per il Vecchio continente saranno guai serissimi. Ridisegnare il sistema produttivo mettendo in conto anche tagli e chiusure non è cosa piacevole, e probabilmente a bloccare Akerson e Philippe Varin, al vertice del gruppo Psa, è stato proprio un ragionamento del tipo: se ci mettiamo con Marchionne, inevitabilmente dovremo condividere, oltre alle piattaforme, anche la volontà del capo della Fiat di tagliare, esponendoci in questo modo a una serie di mal di pancia con i governi di Berlino (Gm ha Opel in Europa) e Parigi, nonché agli inevitabili scontri con i sindacati (e Marchionne ne sa qualcosa).
Potrebbe essere questa, dunque, la vera ragione del fallito accordo tra Fiat-Chrysler, Gm e, di riflesso, Psa. Non è un segreto che sia la General Motors sia il gruppo francese abbiano problemi di sovraccapacità in Europa e, per questo, ci siano impianti a rischio.
La Fiat, dal canto suo, ha già avviato la razionalizzazione dei propri stabilimenti italiani con il sacrificio del sito di Termini Imerese. In più, al Salone di Ginevra, lo stesso Marchionne ha presentato la ricetta anti-sovraccapacità: utilizzare le fabbriche europee per l’esportazione. Tutte cose che ad americani e francesi devono essere entrate in un orecchio e uscite dall’altro.
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