Sabato, domani, potrebbe essere un giorno chiave per Alitalia: l'ad Gabriele Del Torchio - secondo fonti bene informate - dovrebbe volare ad Abu Dhabi per incontrare i vertici di Etihad, la compagnia araba con la quale sono in corso colloqui per un ingresso nell'azionariato. Del Torchio punta a ottenere una lettera d'intenti da portare al cda di giovedì 26 per spianare la strada a nuovi finanziamenti. Di individuare nuove linee di credito è stata incaricata, come advisor, Leonardo & Co, ma il suo non facile compito sarebbe fortemente agevolato dalla concreta prospettiva dell'ingresso di un socio con un forte progetto industriale. Il punto è proprio questo.
All'Alitalia servono 350-400 milioni per riprendere fiato; ma se questo denaro non sarà al servizio di una credibile strategia, il rischio è che tutto sia ancora una volta bruciato dall'ordinaria amministrazione. Ricordiamo che giovedì prossimo il cda approverà i conti semestrali che, secondo quanto trapela, sono ancora pessimi, con una perdita di oltre 200 milioni; significa più di 1 milione al giorno, numeri in linea dell'Alitalia statale a suo tempo fallita. La partita si gioca dunque in buona parte sui contenuti industriali. Al di là del piano triennale presentato in luglio da Del Torchio - che presuppone un'Alitalia indipendente, cosa che appare sempre più dubbia - una forte partnership dovrebbe disegnare un ruolo che possa rilanciare la compagnia, permettendo ai suoi conti di reggere da soli. I discorsi con Etihad, da quanto è possibile apprendere, vertono su un ingresso nel capitale con una quota significativa (ma di minoranza) e un progetto che verterebbe su due hub: uno ad Abu Dhabi per l'Est del mondo, e uno a Roma, per l'Ovest, alimentando l'attività dall'Italia anche con la flotta Etihad.
Ma qualunque discorso italo-arabo deve rimbalzare da Parigi: senza il consenso di Air France non si fa nulla. E questa è una bella incognita, perché, secondo altre tesi, il disegno potrebbe allargarsi a un'intesa estesa anche ai francesi, ma in questo caso Alitalia resterebbe schiacciata tra gli altri due partner; gli hub sarebbero Abu Dhabi e Parigi e alla compagnia italiana non resterebbe che fare del «fideraggio», un po' di qua e un po' di là, al servizio dei suoi azionisti. Ruolo che toccherebbe anche alla giovane compagnia tedesca Air Berlin, a sua volta partecipata da Etihad e molto attiva da Düsseldorf anche su tratte intercontinentali.
Il ruolo di Air France, in questo momento - alla vigilia dello scadere della propria prelazione sulle quote di Alitalia - appare spuntato per una crisi finanziaria ancora lontana dal risolversi, e che ha prodotto proprio in questi giorni l'annuncio di 2.800 esuberi. Lunedì a Parigi è convocato un cda ed è intuibile che uno dei temi sarà proprio Alitalia. Se Air France non ha soldi, il vero vantaggio di Etihad è di essere forte e ricca; oggi per Alitalia qualunque alleanza deve passare per un aumento di capitale, perché è di denaro che c'è bisogno; uno scambio di azioni, per intenderci, non avrebbe alcun effetto sullo stato di salute della compagnia.
Al cda di giovedì prossimo i temi saranno importanti e delicati: i conti, l'alleanza, i finanziamenti. Tra gli azionisti c'è una certa irritazione verso quelli - compreso il vicepresidente Salvatore Mancuso - che non hanno finora versato la propria quota del bond convertibile: restano ancora scoperti 55 milioni.
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