Poltrone in bilico, tocca a Fincantieri

Dopo Inps, Consob e Bankitalia ora a rischiare è Bono. Salvini: «Va confermato»

Poltrone in bilico, tocca a  Fincantieri

Nella battaglia per le cariche di vertice di Authority e big industriali si apre ormai (quasi) ogni giorno un nuovo fronte: ultimo in ordine di tempo lo scontro interno al governo sulla poltrona di Giuseppe Bono alla guida di Fincantieri. I tempi stringono. La Cassa Depositi e Prestiti dovrebbe presentare entro i prossimi giorni le liste per il rinnovo dei vertici nelle diverse partecipate, i cui cda scadranno con le assemblee di bilancio in agenda in primavera. A partire appunto da Fincantieri (controllata al 71%), uno dei fascicoli più bollenti per cui il «d-day» per le liste è fissato l'11 marzo (in vita dell'assemblea del 5 aprile) a, tra l'altro, Snam (controllata al 59,1%), Italgas (al 59,1%), Ansaldo Energia (al 59,9%), e Sace (integralmente in mano alla Cdp).

Il nervosismo a Palazzo Chigi è alle stelle. Il mantra della discontinuità ad ogni costo invocato soprattutto dai Cinquestelle, ha aperto svariati campi di battaglia: da Inps (l'accordo dovrebbe essere stato raggiunto su Pasquale Tridico), Consob (la presidenza è stata alla fine affidata a Paolo Savona) fino a Bankitalia dove la guerra è ancora in corso. Quindici giorni fa infatti si è arenato il rinnovo della nomina di Luigi Federico Signorini vicedirettore di Palazzo Koch, nonostante la conferma all'incarico fosse arrivata dal Consiglio superiore di Via Nazionale. Al momento c'è una situazione di stallo, mentre ci si prepara alla vera resa dei conti prevista a maggio con la scadenza dei mandati della vicedirettrice Valeria Sannucci e, soprattutto, del direttore generale Salvatore Rossi.

L'universo politico e finanziario, in questo momento, è però particolarmente sensibile al tema Fincantieri sia per il peso del gruppo, big europeo della cantiertistica navale e attivo in numerose grandi opere, compresa la ricostruzione del ponte di Genova, sia per la sua posizione nel precario gioco di equilibri diplomatici tra Francia e Italia. In palio infatti c'è anche l'acquisizione del 50% della francese Stx, i vecchi Chantiers de l'Atlantique, destinata a rafforzare l'ambito delle costruzioni delle navi da crociera. L'operazione è in attesa del pronunciamento della Commissione Europea, il cui intervento è stato sollecitato da Parigi e da Berlino. È in questo scenario, in cui la prudenza suggerirebbe di serrare le fila che si dibatte del rinnovo dei vertici: appunto Bono, ad dal 2002 e Giampiero Massolo, alla presidenza dal 2016. I Pentastellati - secondo alcune indiscrezioni - punterebbero un ricambio dell'intero vertice o quanto meno a sdoppiare il ruolo esecutivo, ridimensionando Bono; mentre i leghisti sarebbero più orientati su una linea di continuità. «Bono lo stimo per quello che ha fatto e conto che continui a farlo a lungo», ha replicato il vicepremier Matteo Salvini. «La mia riconferma dipende prima di tutto dall'azionista che deve proporla, e poi dipende dal sottoscritto che deve accettarla» ha poi aggiunto in modo sibillino lo stesso Bono. Insomma, da manager di lunga esperienza, l'amministratore delegato sarebbe pronto a restare, ma non con una soluzione di compromesso.

Il sostegno a Bono è, comunque, già arrivato anche dai banchi dell'opposizione, con Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia: «Normalmente

i manager si cambiano quando non funzionano, e non mi sembra questo il caso». Bono ha la visione per garantire «l'aumento dell'occupazione anche dopo il 2030», ha ribadito Edoardo Rixi, viceministro delle Infrastrutture.

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