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Prezzo basso, Ferretti rinuncia alla Borsa

Annullata l'«Ipo»: le richieste si sono fermate alla valutazione minima di 580 milioni

Prezzo basso, Ferretti rinuncia alla Borsa

L'Ipo affonda urtando lo scoglio del prezzo. Gli yacht di Ferretti rinunciano alla quotazione in Piazza Affari. Il gruppo controllato dal conglomerato cinese Weichai ieri ha ritirato l'offerta pubblica iniziale (Ipo) che si è chiusa mercoledì scorso. Secondo l'azienda «il deterioramento delle condizioni dei mercati finanziari non consente di valorizzare correttamente la società» che aveva prorogato per due volte il periodo di offerta e ricevuto una domanda in grado di coprire l'intera offerta di azioni al prezzo di 2 euro per azione, il minimo di una forchetta indicativa già rivista al ribasso.

Fiore all'occhiello del Made in Italy pur controllando anche il prestigioso marchio Riva non è riuscita ad evitare lo sconto. Certo, le matricole stanno soffrendo ovunque: basti ricordare il ritiro di Wework, il colosso dei posti di lavoro condivisi, e il flop di Peloton, la concorrente di Technogym, che ha debuttato con un -11%. Sempre ieri, anche Rcf Group, attiva nel settore dell'audio professionale d'alta gamma, ha sospeso lo sbarco sul segmento Star di Piazza Affari fissato per il 22 ottobre a causa della «non favorevole situazione del mercato azionario primario, domestico e internazionale». Le Ipo restano pur sempre una scommessa sul futuro con multipli alti e flussi di cassa poco prevedibili in un mare di tassi sotto zero che fanno spostare la liquidità verso investimenti alternativi. Senza dimenticare che a stretto giro è attesa anche la quotazione dei cantieri San Lorenzo, stesso settore degli yacht di lusso, marchio che i fondi esteri guardano con attenzione.

Il mercato ha così risposto con meno entusiasmo delle attese tanto che Ferretti è stata costretta anche a prolungare il periodo di offerta al 16 ottobre. E dall'iniziale intervallo di 2,5-3,7 euro per azione il prezzo è sceso a 2-2,5 euro. Ciò si è tradotto in un calo del valore della società post-ricapitalizzazione da un massimo di 1,076 miliardi a 581,6 milioni dopo l'ultimo sconto suggerito dalle banche (al collocamento stavano lavorando i global coordinator Barclays, Bnp Paribas, Mediobanca, Ubs e Bper). Il cosiddetto book dell'offerta alla fine è stato chiuso e allocato tutto, con in prima fila investitori asiatici, chiamati a raccolta negli ultimi giorni da Bank of China, e anche italiani come Generali, Mediolanum. Ma a prezzi troppo bassi per l'azionista di riferimento Weichai che possiede l'86 per cento. Ferretti «continuerà a ottimizzare l'allocazione delle risorse dal mercato finanziario e individuare il momento giusto per la quotazione quando la situazione sui mercati finanziari si sarà stabilizzata», scrive in una nota Tan Xuguang, presidente di Weichai e dello stesso gruppo italiano. D'accordo con la decisione di rinunciare anche l'altro socio Pietro Ferrari, figlio del Drake, azionista con l'11%. L'operazione prevedeva sia un aumento di capitale da circa 100 milioni sia una cessione di azioni da parte di alcuni degli attuali soci. Completata l'offerta, Weichai sarebbe rimasta l'azionista di maggioranza con il 51% e Piero Ferrari con un 10%, dopo aver sottoscritto la ricapitalizzazione pre-Ipo.

Ma ora Ferretti prenderà un'altra rotta: «Ci sono in corso dialoghi per un private placement»- ha aggiunto Galassi, sottolineando un investitore europeo, con cui sarebbero state aperte le trattative, potrebbe entrare nel capitale con una quota attorno al 30% già nel 2020. Prima però la società vuol chiudere il bilancio «per far vedere quanto vale davvero».

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