Profumo nel mirino della Fondazione

Il neopresidente Clarich apre il toto-nomine ai vertici dell'istituto. A settembre primo rimpasto in cda

Profumo nel mirino della Fondazione

La Fondazione Mps, e quindi le «contrade» del Pd senese che agitano Comune e Provincia, provano a riprendersi il vertice del Monte Paschi insieme agli alleati sudamericani di Fintech e Btg Patcual. I due fondi, che hanno firmato con Palazzo Sansedoni un patto di sindacato che blinda il 9% di Mps, hanno manifestato «grande attenzione» sulla composizione della stanza dei bottoni di Rocca Salimbeni e «un interesse non effimero nel medio periodo» sulla sua gestione, ha avvertito ieri il neo-presidente dell'Ente senese Marcello Clarich alla prima uscita pubblica.

Toni dal sapore politico, dietro cui si legge la consapevolezza di Siena di dover fare i conti con degli alleati sudamericani che, dopo aver aperto il portafogli per seguire l'ultimo aumento da 5 miliardi, hanno già fatto trovare sulla scrivania di Clarich una lettera datata 31 luglio in cui esprimono «delusione profonda» per il fatto di non aver ancora ottenuto i due posti promessi nel cda del Monte, previo ritiro della metà dei 4 esponenti eletti della Fondazione. Un «dossier delicato» che Clarich si è augurato di risolvere «nei primi giorni di settembre»: «Noi non abbiamo strumenti coattivi» per farli dimettere ma spero «dimostreranno la loro disponibilità. Con ogni probabilità sarà solo l'assaggio della grande corsa al vertice di Rocca Salimbeni. In sostanza, a meno di un intervento di Bankitalia, sia il presidente di Mps Alessandro Profumo sia l'ad Fabrizio Viola, che hanno salvato la banca del crac, potrebbero ricevere il «benservito» in primavera quando, con l'approvazione del bilancio 2014, scadrà l'intero consiglio. Una tempesta perfetta, se non si potrà affondare il colpo, per scalzare perlomeno Profumo seguendo il rodato compromesso già visto in altre occasioni: in base agli accordi la Fondazione, pur con un sistema di veti incrociati, ha il potere di indicare il presidente mentre l'ad spetta a Fintech e Btg.

Tutto dipende quindi da come si muoveranno i fondi in assemblea e si formerà un blocco alternativo a quello della Fondazione. Dove il Pd senese, sindaco Bruno Valentini in testa, ha appena issato Clarich alla presidenza con il retropensiero di tornare a contare in banca: l'ultima semestrale del Monte ha infatti aumentato l'amaro in bocca a molti «contradaioli», contrariati dall'emergere di perdite sopra le attese per l'ennesima pulizia di bilancio.

«Dovremo certamente valutare anche la disponibilità» dell'attuale vertice di Mps, ha aggiunto Clarich sollevando un'alea di incertezza per poi però aggiungere come «non sia scontata» nè la disponibilità di Profumo e Viola a restare al Monte nè il fatto che Palazzo Sansedoni «non abbia alternative».

La verità è che Clarich sa benissimo che il 2,5% di Mps rimasto nelle casse dell'Ente serve a poco e quindi occorre «una politica di alleanza», aperta anche agli altri soci forti. Anche perché, sebbene la gestione Mansi abbia rimesso in sicurezza il patrimonio, l'Ente è ancora «in una fase di transizione: non siamo più tra la vita e la morte, ma non è ancora una fase di routine». Il direttore generale Enrico Granata ha ricordato che ad oggi le risorse liquide ammotano a 400 milioni investiti in depositi a medio termine.

In caso di ricambio a Rocca Salimbeni, bisognerà quindi trovare sul mercato delle «figure professionali adatte», ha promesso l'avvocato-docente della Luiss stigmatizzando di non «aver avuto e di non avere rapporti organici e stretti con partiti o

organizzazioni a cui devo qualcosa e a cui devo rendere conto». Oggi sarà a Roma in Bankitalia per fugare invece dubbi su eventuali conflitti di interesse (è commissario straordinario del Credito Sportivo e della Banca di Loreto).

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