Quegli aiuti alle banche che rovinano le imprese

RomaUn aiuto alle banche. E su questo in pochi hanno da obiettare. Tutti vogliono che gli istituti di credito italiani siano in grado di competere con i concorrenti europei ad armi pari. Ma il decreto legislativo sulla riscossione dei crediti approvato mercoledì dal consiglio dei ministri è qualcosa di più: una penalizzazione per le imprese, che non se la passano molto meglio delle banche. Un'altra prova che nel governo Renzi c'è una «manina anti impresa», per usare l'espressione coniata tempo fa dal presidente di Confindustria Giorgio Squinzi.

Proprio dalle parti degli industriali ieri si parlava di un provvedimento «sbilanciato a favore degli istituti di credito». Un «salva banche» che finirà per penalizzare le aziende. Anche al ministero dello Sviluppo economico i mal di pancia erano (e sono) tanti, ma nessuno li ha fatti emergere. D'altro canto il Consiglio dei ministri di mercoledì ha approvato solo quel decreto, rinviando le misure più attese, come la riforma del catasto. Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan ieri ha smentito divisioni nel governo proprio perché il rinvio ha creato qualche imbarazzo. Rovinare ulteriormente la festa non deve essere sembrato opportuno.

Ma il problema c'è. Padoan stesso ha messo le mani avanti, assicurando che «le misure approvate avranno una valenza molto positiva non solo sulle banche», ma in generale anche per le aziende. Sono in pochi a pensarla così.

Per garantire le banche che devono rientrare di crediti, il governo ha scelto di infierire sulle aziende in crisi. Nella nuova versione del concordato preventivo (accordo che serve a evitare il fallimento) i creditori o gli intermediari potranno, in estrema sintesi, dire al debitore quali beni deve cedere in cambio di una riduzione del suo debito. È la nuova versione delle «proposte concorrenti», che va a scapito dell'imprenditore che sta attraversando una crisi. Con la riforma, di fatto, non potrà più decidere la strategia per ristrutturare il suo debito e rischierà anche di essere privato di asset necessari a fare ripartire l'azienda. A tutto vantagio dei creditori, quindi delle banche, che potranno invece scegliere.

Poteva andare peggio. Nelle bozze entrate al consiglio dei ministri martedì, si dava ai creditori anche il potere di imporre un aumento di capitale alle aziende in crisi. In sostanza, la possibilità di ottenere il controllo di una impresa a costo zero.

Misura nata dentro il ministero dello Sviluppo, ma avversata dallo stesso ministro Federica Guidi. Nel comunicato ufficiale del consiglio dei ministri questa parte del decreto non c'è.

Almeno questa battaglia sarebbe stata vinta dalle aziende. Ma non è detto. Ieri il testo del decreto non era ancora disponibile, faceva fede solo il comunicato stampa di Palazzo Chigi. Cambiamenti in corsa dei decreti sono la norma.

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