L'ingresso di Urbano Cairo nel capitale di Rcs con una quota del 2,82% ha determinato due conseguenze. La prima è che ieri, in Borsa, il titolo ha guadagnato il 6,75% a 1,17 euro, valore ancora lontano dal prezzo dell'aumento di capitale (1,235 euro). Gli operatori di mercato, approfittando comunque del flottante ancora esiguo nel titolo, scommettono su un possibile rivolgimento dei rapporti di forza, evento comunque molto improbabile.
La seconda conseguenza è molto meno piacevole. La Consob intende ricostruire le modalità con cui Cairo ha acquistato le azioni, quando ha operato, appoggiandosi a quali intermediari e a che prezzi. Una mossa determinata dalle dichiarazioni dello stesso presidente di La7 che lo scorso 9 luglio affermò: «Sono un editore puro, la partita per il Corriere della Sera è già in corso e non intendo entrarci adesso». Parole che confliggono con quanto sarebbe accaduto nei giorni successivi, giacché Cairo giovedì scorso ha affermato di aver acquistato 200mila azioni e circa 4 milioni di diritti inoptati sul mercato. L'asta relativa a questi ultimi titoli si è chiusa in anticipo giovedì 11 luglio.
Questo dato di fatto merita un ulteriore approfondimento perché l'ingresso di Cairo, pur non modificando assetti ormai consolidati, pone nuove questioni sul tavolo. In primo luogo, bisognerà interrogarsi su quale sarà l'effettivo orientamento di Mediobanca e di Intesa Sanpaolo. Nelle scorse settimane Alberto Nagel, da un lato, e Giovanni Bazoli, dall'altro, si erano impegnati per un confronto con tutti gli azionisti in modo da aprire la compagine societaria nuove «geometrie».
Un dibattito che ha coinvolto anche Diego Della Valle che di fatto ha sottoscritto la sua quota di aumento (8,8%) nella speranza di potersi sedere a un tavolo che non sarà più convocato: la riunione del patto del 31 luglio non sarà allargata.
La stesura di un nuovo accordo parasociale (magari anche forme diverse e più «light») è un obiettivo dichiarato di Fiat. Che, avendo preventivamente consultato i propri legali, non teme di incorrere in un obbligo di Opa sia perché il 20,135% non è una quota di controllo sia perché la ricapitalizzazione aveva il fine di «salvare» la società (altro caso di esenzione).
John Elkann ha sempre dichiarato apertamente che le linee prioritarie di Rcs erano rappresentate da: aumento, stabilità societaria e management (incarnato dall'ad Pietro Scott Jovane). Per il Lingotto, «Rcs è strategica».
E poi quale «socio forte» (prospettato nella fase pre-aumento da Mediobanca, anche in un'ottica di disimpegno, per traghettare Rcs verso un futuro «normale») potrebbe entrare in una società dove a priori non conterebbe nulla? Ecco perché quel 2,82% per Cairo potrebbe essere, tutto sommato, una buona carta da giocare.
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