Va in frantumi l'ultima speranza di salvare Richard Ginori: la storica azienda di porcellane è stata dichiarata fallita dal tribunale di Firenze. Una doccia fredda per i lavoratori - 314, tutti in cassa integrazione dall'agosto scorso - che avevano creduto fino all'ultimo nella possibilità di ripartire: a novembre infatti i liquidatori avevano accolto con favore la proposta di prendere in affitto l'azienda da parte di una cordata composta dall'americana Lenox e dalla romena Apulum, che si impegnavano ad acquistarla successivamente per 13 milioni di euro. Altri 23 milioni sarebbero dovuti arrivare dalla cessione dei musei della Richard Ginori allo Stato.
Un piano che i giudici di Firenze hanno però giudicato «dotato di intrinseca incertezza», tanto da convincerli a negare il concordato preventivo, che avrebbe consentito all'azienda di ricominciare a produrre, e a dichiarare invece il fallimento.
Immediata la protesta dei lavoratori: un centinaio hanno occupato l'area della fabbrica di Sesto Fiorentino, dove si sono poi riuniti in assemblea per fare il punto sugli ultimi sviluppi e sugli scenari dell'azienda, ora affidata al curatore fallimentare Andrea Spignoli, che ha annunciato un nuovo bando di gara per trovare un acquirente: «Un bando pubblico aperto a tutti - ha detto - tutto poi dipenderà dalle offerte e dal loro grado di affidabilità. La struttura produttiva, se si poteva salvare l'altro ieri si può salvare oggi».
Ma non sarà facile: e il made in Italy rischia di dare definitivamente l'addio a uno dei suoi marchi più antichi. La sua storia comincia infatti nel 1735, quando in Europa la fabbricazione della porcellana era ancora una tecnologia segreta, strappata agli inventori cinesi e gelosamente custodita dal re di Sassonia, Augusto II. É allora che il marchese toscano Carlo Ginori costruisce nella sua tenuta di Doccia un rudimentale forno, dove sperimentare le tecniche per realizzare il prezioso materiale: ci riesce e impianta nella villa delle Corti il primo nucleo della Manifattura che porta il suo nome. Perché diventi una vera e propria industria, bisogna arrivare al 1896 e alla fusione col gruppo del milanese Augusto Richard: l'energia elettrica sta cambiando il mondo e il mercato chiede sempre più isolatori in ceramica, servono nuovi forni, si ampliano gli stabilimenti.
Simbolo ante litteram del design, l'azienda scavalca indenne le due guerre: e nell'Italia del boom, non c'è famiglia che non abbia un servizio «buono» firmato Richard-Ginori. Dal 1975, insieme a Pozzi, il marchio entra anche nell'arredo bagno, per poi sdoppiarsi negli anni Novanta, quando Pozzi-Ginori passa alla Sanitec Corporation. Per Richard Ginori inizia invece un tourbillon di gestioni diverse, tutte di breve durata, fino alla quotazione in Borsa nel 2009.
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