Oggi vorrei dare la parola, anzi il mestolo di questa zuppa ad un nostro lettore. Una piccola storia ma che rappresenta la sintesi della nostra battaglia continua contro il mostro della burocrazia, che, è bene ricordare, non è solo quello statale. E quando si parla di Fisco, sappiate che avrete sempre torto. Ecco la breve lettera: «Quest'anno ho approfittato dell'offerta del governo ed ho utilizzato il 730 precompilato che, in pratica era un fotocopia del modello dello scorso anno. Dopo aver aggiornato i dati sulle spese mediche ed altri interventi di ristrutturazione, nonché per sicurezza aver fatto visionare il tutto all'Agenzia delle Entrate, ho spedito il tutto on line. Facile, sicuro e gratuito. Senonché, con la pensione di ottobre non mi sono visto elargire alcuna cifra di reintegro spese. Andato a chiedere lumi all' Agenzia delle Entrate, costoro mi hanno detto che avevo omesso di scrivere il sostituto d' imposta, ovvero l'Inps che mi avrebbe rimborsato. Per tale motivo mi rimborserà direttamente il fisco ma tra dicembre e marzo del prossimo anno e speriamo bene. Tale inconveniente è capitato anche ad altre centinaia di contribuenti, come mi hanno detto. Ora, se il modello era una fotocopia dello scorso anno, io sono in pensione da più di dieci anni, tu Stato conosci tutto di me, guardi nei miei conti correnti, leggi nel mio Pc, intercetti le mie telefonate, fra poco mi leggerai nel pensiero, possibile che non fotocopi anche il nome del sostituto d' imposta? Non una e-mail per avvertirmi? Possibile che ogni migliore intenzione venga fatta con leggerezza per non dire cialtroneria? Spero di esser stato spunto per uno dei tuoi articoli. Cordiali saluti». Firmato F. G. Purtroppo nell'amministrazione fiscale c'è qualcosa di peggio che la cialtroneria: ma un pregiudizio. La storia, come dicevamo, può apparire minore. E sembra di capire che comunque la responsabilità sia da attribuirsi al nostro lettore-contribuente.
A ciò si aggiunga che quei rimborsi fiscali dovrebbe comunque ottenerli, anche se con qualche mese di ritardo. Ma cosa ci racconta questo sfogo? Un atteggiamento, un modo di comportarsi della nostra amministrazione pubblica che non è al servizio del contribuente, del cittadino, che non è amica. Negli ultimi venti anni brandendo il vessillo della lotta all'evasione, ci siamo impiccati ad una legislazione (compresi regolamenti e circolari) in cui la norma è pensata per la patologia (l'evasione) e non per la normalità (la correttezza). Il mostro statuale, soprattutto in tema fiscale, ha sempre una parola in più rispetto a noi. Financo nel processo tributario. Bisogna dare atto a Matteo Renzi di aver scelto come suoi collaboratori fiscali a Palazzo Chigi, uomini che invece rappresentano un contropotere rispetto alle piccole prevaricazioni normative che arrivano da Agenzia delle Entrate e ministero dell'Economia. In politica, purtroppo, è sempre molto più rilevante ciò che si fa, rispetto a ciò che si evita che accada. Mi spiego meglio. L'opinione pubblica può rimanere impressionata (anche grazie agli spin sulla stampa) del salvataggio della tal fabbrica, rispetto alla norma di dettaglio che semplificando una procedura o liberalizzando crea maggiori opportunità di lavoro. Sul Fisco questa oggi è la regola. Pensate al caso degli interessi sugli interessi (una sorta di anatocismo sulle sanzioni tributarie) che era spuntata nella bozza di delega fiscale o a quella norma assurda sul tracciamento fiscale dei bancomat. Tutti codicilli che sono spuntati come funghi nelle deleghe governative, e che palazzo Chigi (forse anche per le grida levate da questo Giornale ) ha cercato di cancellare. Non esistono due amministrazioni tributarie in Italia. Ma esistono due filosofie.
Quella del Fisco che vede in ognuno di voi un evasore e che pretende ciò che lo stesso stato scusa a se stesso e quella di alcuni tecnici ragionevoli che vogliono usare un po' di buon senso liberale: meglio un evasore libero che mille innocenti fiscali dentro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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