Con la crisi di governo il passaggio di proprietà delle quote Telco, la holding che controlla Telecom Italia, agli spagnoli di Telefonica, non riscuote certo gli interessi della politica. Il risultato è che l'audizione del presidente Franco Bernabè, prevista per oggi al Senato, è saltata, come pure l'informativa che il presidente del Consiglio, Enrico Letta, doveva portare alla Camera sulla vicenda. E allora il presidente uscente di Telecom ha preso carta e penna per rilanciare le sue idee per la società.
Per Bernabè, infatti, occorre «accelerare lo scorporo della rete con l'ingresso della Cdp», mentre il varo di una legge per la golden share richiede un'attenta considerazione.
A questo punto, gli unici davvero preoccupati per la perdita del controllo sull'ex-monopolista, sono rimasti i sindacati, che prevedono la perdita di posti di lavoro, e i piccoli azionisti.
Anche questa volta, infatti, il passaggio di controllo non transiterà per il mercato. Gli spagnoli pagheranno ai soci Telco, ossia Mediobanca, Intesa Sanpaolo e Generali il prezzo di 1 euro ad azione per le loro quote mentre il titolo in Borsa vale circa 60 centesimi.
«Peggio di così non poteva andare - lamenta Michela Azzola, della Cgil -. Senza un esecutivo forte la situazione è drammatica». Per Azzola solo un aumento di capitale a cui potrebbe partecipare la Cassa depositi e prestiti garantirebbe la sopravvivenza di Telecom. «I rischi a cui andiamo incontro sono enormi - continua Azzola -: se Telefonica venderà, come sarà obbligata a fare, il Brasile e l'Argentina, perderà il 30% del fatturato». Ma anche sullo scorporo della rete le prospettive non sono allettanti. «Se l'operazione fosse fatta in fretta e male - dice ancora Azzola - si rischierebbe ancora una volta di regalare ai privati una risorsa importante. E poi sarebbe lo Stato, con le tasse dei cittadini, a dover investire sulla rete in fibra ottica».
I sindacati manifesteranno il loro disappunto giovedì a Milano, nel giorno del cda Telecom decisivo. Quello, cioè, dove Bernabè chiederà l'aumento di capitale da 3 a 5 miliardi che, se verrà respinto, cosa più che probabile, porterà alle sue dimissioni. Intanto Asati, l'associazione dei piccoli azionisti, ha invitato i consiglieri indipendenti della società a dimettersi in occasione di quel cda. «Anche i consiglieri - ha detto Franco Lombardi, presidente di Asati - devono dimettersi seguendo l'esempio di Bernabè, lasciando ad altri dell'attuale cda il compito di avviare la distruzione della società».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.