Tim, Vivendi minaccia ancora guerra

Bolloré potrebbe chiedere un'assemblea per integrare il cda. Cig per 30mila addetti

Tim, Vivendi minaccia ancora guerra

Vivendi non intende seppellire l'ascia di guerra su Tim. Anzi, potrebbe chiedere la convocazione di un'assemblea per proporre una revisione del consiglio del gruppo di tlc, di cui controlla il 23,9 per cento.

Nella nota che ieri ha accompagnato la trimestrale del gruppo francese (chiusa con un rialzo del 16% dei ricavi a 3,1 miliardi) si dice «preoccupata» per la nuova governance che potrebbe «non tenere abbastanza in conto gli interessi degli azionisti», tira in ballo nuovamente il «rischio di smantellamento» della società e minaccia un nuovo round davanti ai soci dopo quello perso lo scorso 4 maggio. Quando l'assemblea di Telecom Italia ha votato a favore della lista presentata dal fondo Elliott che ha nominato dieci consiglieri mentre il gruppo di Vincent Bollorè si è dovuto accontentare di cinque rappresentanti nel board. Parigi non esclude quindi di chiedere l'integrazione del consiglio, nominando quattro nuovi amministratori, come peraltro già fatto a fine 2015. Secondo lo statuto, il consiglio Tim può essere composto da un massimo di 19 membri.

Le preoccupazioni di Vivendi, però, non trovano però riscontro nei toni usati qualche ora prima dall'ad, Amos Genish, durante la conferenza telefonica con gli analisti sui conti trimestrali. Incalzato sui nuovi equilibri all'interno del cda nominato dall'assemblea di inizio maggio, Genish ha definito un «ottimo inizio» il confronto sulla strategia e sulle varie politiche del gruppo, ha sottolineato che Elliott non ha elaborato un piano alternativo e che dunque Telecom Italia proseguirà nella strada già intrapresa nei mesi scorsi. Certamente, nel lungo periodo «il piano dovrà essere sostenuto dall'assemblea dei soci, come già avvenuto in passato».

Il top manager nominato al timone dai francesi e confermato dai nuovi azionisti, ha anche difeso la posizione del neo-presidente, Fulvio Conti, scelto da Elliott, dopo che un analista lo ha definito in potenziale conflitto di interessi per aver guidato Enel, attuale socio della società della concorrente Open Fiber, assieme a Cdp. «Non c'è alcun problema. Tutti, all'interno del cda, hanno interesse a far funzionare bene Tim», ha aggiunto.

Cannoni francesi a parte, ieri Tim ha anche annunciato ai sindacati di avere chiesto la cassa integrazione straordinaria per gestire 4.500 esuberi. La cassa partirà il 18 giugno e interesserà circa 30mila dipendenti degli oltre 50mila del gruppo. Sul fronte dei conti, la Cig dovrebbe portare a Tim un contributo di 100 milioni sull'intero anno, ha spiegato il direttore finanziario, Piergiorgio Peluso agli analisti. Per la società si tratta di una mossa necessaria per implementare il suo piano industriale, DigiTim, rivolto a una maggiore digitalizzazione dell'azienda: l'età media dei suoi dipendenti è piuttosto elevata (48 anni) e in tempi di web economy per implementare nuove tecnologie, servono meno dipendenti ma più preparati. La mossa è quindi «inevitabile» al fine di salvaguardare gli obiettivi industriali, si legge in una nota.

In realtà la trattativa con i sindacati è cominciata a gennaio quando la società, annunciando il piano esuberi, aveva anche proposto ai rappresentanti dei lavoratori 2mila assunzioni. I sindacati però avevano respinto la proposta di cassa integrazione espansiva, perché avrebbe voluto dire assumere nuovi lavoratori con il contributo di chi è in azienda.

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