Trump non molla la presa su Pechino

In arrivo dazi del 25% su 200 miliardi di dollari di prodotti del Dragone

Trump non molla la presa su Pechino

Donald Trump non molla la presa sulla Cina. Dopo le voci di martedì scorso secondo cui la Casa Bianca avrebbe affidato ai rappresentanti del Tesoro il compito di riaprire i negoziati commerciali con Pechino, ieri indiscrezioni di segno opposto davano il tycoon in procinto di imporre tariffe del 25% su 200 miliardi di dollari di beni cinesi importati, elevando così questi dazi che inizialmente erano stati fissati al 10%. Una mossa che potrebbe compromettere definitivamente ogni possibilità di negoziato e far scoppiare una vera e propria guerra commerciale. Il Dragone ha infatti subito reagito ricordando che «il pressing e i ricatti non avranno alcun effetto. Se gli Stati Uniti compiono passi ulteriori di escalation - è il monito - , la Cina reagirà inevitabilmente con contromisure e proteggerà con fermezza i suoi diritti legittimi».

I rapporti, già tesi, potrebbe inasprirsi se a partire dalla mezzanotte di ieri gli Stati Uniti avranno deciso di imporre tariffe su beni cinesi per altri 16 miliardi. All'inizio di luglio, Washington e Pechino avevano imposto ciascuno tariffe del 25% su merci d'importazione del valore di 34 miliardi. Un conflitto commerciale che inizia a produrre i primi segni di insofferenza sull'economia del Paese orientale, con l'indice dei responsabili degli acquisti Caixin, un indicatore di produzione, che ha toccato il minimo in otto mesi.

Della disputa sui dazi non c'è però traccia nel comunicato con cui ieri la Federal Reserve ha annunciato la decisione di mantenere i tassi invariati all'1,75% e il 2%. Tutto come da copione, in una riunione interlocutoria prima della pausa estiva. Sarà verosimilmente settembre il mese in cui l'istituto guidato da Jerome Powell varerà la terza stretta monetaria del 2018, per poi chiudere il cerchio in dicembre con il quarto giro di vite.

L'intenzione manifestata nel comunicato dalla Fed di proseguire con la politica dei rialzi graduali dei tassi suona come una risposta indiretta a Trump, che di recente aveva criticato l'azione di normalizzazione più aggressiva della banca centrale rispetto a quella della Bce e della Bank of Japan.

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