Sarà difficile, d'ora in poi, vedere Donald Trump in sella a una fiammante Harley-Davidson. Lei, l'icona intramontabile dal fascino cromato, la regina del born in the Usa, è stata declassata dal tycoon a traditrice della patria. A colpi di tweet. Roba indigesta come un sandwich avariato, dalle parti dello Studio Ovale, l'annuncio della casa di Milwaukee di voler portar fuori dagli States (Thailandia, India, Brasile) parte della produzione. Per la Harley è un modo per sfuggire alla tagliola dei dazi del 25% imposti dall'Europa sulle sue motociclette; per Trump, invece, trattasi di una delocalizzazione bella e buona che suona come un affronto verso chi - lui - ha fatto del rientro delle aziende in terra americana un cavallo di battaglia. «Una Harley- Davidson non dovrebbe mai essere costruita in un altro Paese. Mai! I dipendenti e i clienti sono già molto arrabbiati con loro. Se si trasferiscono, sarà l'inizio della fine. Si sono arresi, hanno mollato! L'aura sparirà e saranno tassati come non è mai successo», ha tuonato Trump.
Neppure nella battaglia con la Cina, scandita da tariffe punitive, restrizioni degli investimenti, accuse di rubare la tecnologia Usa e minacce di ulteriori misure di ritorsione, The Donald aveva usato un linguaggio così violento. Il presidente Usa si sente raggirato. Per lui, non regge l'alibi del back-shoring come unica alternativa dopo le misure prese da Bruxelles, che secondo l'azienda faranno rincarare di 2.200 dollari ogni modello. «All'inizio dell'anno - spiega Trump - Harley-Davidson ha detto che avrebbe trasferito buona parte delle attività dall'impianto di Kansas City in Thailandia. Questo succedeva ben prima dell'annuncio dell'introduzione delle tariffe. Quindi, stanno solo usando le tariffe e la guerra commerciale come pretesto. Tutto ciò - osserva - dimostra quanto sia sbilanciato e non equo il commercio, ma lo sistemeremo». Quindi, un altro fendente diretto al bersaglio della giornata: «Quando ho ricevuto dirigenti della Harley- Davidson alla Casa Bianca, li ho rimproverati per le tariffe troppo alte di altri Paesi, come l'India».
Vista dalla prospettiva
europea, la decisione dello storico marchio di motociclette «è una delle conseguenze delle scelte commerciali Usa - ha detto la commissaria al commercio Cecilia Malmstroem - che si riversano su imprese e consumatori americani».
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