Siamo tra i migliori risparmiatori al mondo, ma al tempo stesso siamo i peggiori nel far rendere e crescere i nostri risparmi. Il dato è confermato, numericamente, da una ricerca condotta da PwC con il Politecnico di Milano. Il periodo in esame è quello tra il 2012 e il 2016. Purtroppo, la ricchezza assoluta delle famiglie italiane è quella che ha conseguito i rendimenti peggiori: 1,8%. Al tempo stesso le famiglie svedesi e statunitensi sono quelle che hanno avuto i rendimenti migliori, rispettivamente del 30% e del 29,7%. Tedeschi e inglesi, invece, si attestano tra il 19 e il 21%. Insomma le differenze sono sicuramente rilevanti.
Le motivazioni di questi numeri così poco lusinghieri sono molteplici. In primis la diversificazione di portafoglio che, per le famiglie italiane è concentrata per quasi il 60% sull'immobiliare, asset che negli ultimi anni ha pesato sulla crescita, poi l'eccesso di liquidità (oltre 1.330 miliardi) che rappresenta un terzo delle attività finanziarie del Paese. Inoltre, secondo ricerca è uno degli elementi centrali, l'Italia ha la quota più bassa di risparmio gestito, il 20% del patrimonio contro il 35% medio degli altri Paesi e conseguentemente, il più basso livello di educazione finanziaria.
Quanto dovrebbero farci riflettere questi numeri? Abbiamo già scritto di come il risparmio rappresenti una delle poche garanzie che abbiamo per guardare con serenità sia al nostro presente che al futuro e quindi dobbiamo farlo crescere il più è possibile.
Il risparmio gestito, la consulenza, potrebbero, come accade in altre nazioni, rappresentare la strada virtuosa da seguire, a meno che non la si smetta anche in chiave Mifid2 di demonizzarne i costi evidenziandone, invece, i benefici. Quanto pagheremmo per portare i nostri rendimenti dall'1,8% ad almeno il 19% come accade in Inghilterra? Per farlo abbiamo bisogno di qualità e preparazione e queste hanno sicuramente un prezzo.leopoldo.gasbarro@me.com
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