C’è un mito favoloso che si aggira per l’Italia: combattere l’evasione fiscale risolverebbe tutti i nostri problemi di bilancio e di mancanza di fondi. È una balla. Ciò non toglie che sottrarsi ai propri obblighi fiscali modifichi le regole della competizione e danneggi gli onesti e virtuosi. Ma non cerchiamo scorciatoie: il problema è l’eccesso di fiscalità e di presenza dello Stato nella nostra vita quotidiana.
Nei mesi scorsi con le tasse degli italiani è stata pagata una réclame contro l’evasore. Piuttosto efficace nella sua crudezza. Si associava il volto di un attore a quello delle bestie: «Lui è un parassita sociale», si diceva. E ancora «chi vive a spese degli altri danneggia tutti». Mai spot (pensato ai tempi del governo Berlusconi) è stato più ingannevole. La «bestia», il «parassita» più dannoso è lo Stato.
Il meccanismo pensato dai nostri politici e dai nostri dipendenti (i funzionari del ministero competente) è molto semplice: individuiamo un nemico e allo stesso attribuiamo le ragioni ultime della nostra crisi. Cerchiamo di ragionare con la nostra testa di cittadini e di contribuenti. Come detto siamo danneggiati da coloro che ci fanno concorrenza sleale non pagando le imposte dovute. Ma la fonte del disagio maggiore è la macchina statale. Come diavolo si permettono di creare questo clima intimidatorio nei nostri confronti? Ribaltiamo piuttosto la storia. E vediamo chi vive davvero a spese degli altri.
Ieri hanno arrestato un esattore che si intascava, secondo l’accusa, i proventi della raccolta fiscale. Nelle settimane scorse abbiamo assistito in modo plastico all’utilizzo perverso e spesso truffaldino dei quattrini che diamo alle Regioni. È ragionevole pensare che le nostre istituzioni potrebbero dimagrire nelle loro esigenze di funzionamento.
Orbene, se davvero politici e burocrati hanno questa smania di spendere i nostri quattrini per la comunicazione sociale, prendano un burocrate tipo o un politico zero e associno ad esso la figura
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