Ecuadoriano "pestato", in piazza Prealpi torna l’allarme razzismo

Picchiato da quattro ragazzi italiani armati di mazze da baseball: s’indaga nel gruppo fermato per le aggressioni ai filippini. Nel quartiere il rischio di una guerra tra bande

La retata di un mese fa non sembra aver placato i bollenti spiriti delle bande di piazza Prealpi. La difficile convivenza tra le gang italiane e le folte colonie di immigrati fa registrare un nuovo episodio di violenza: domenica sera deve intervenire la Volante in via Jacopo da Tradate per un pestaggio senza altro apparente motivo che la discriminazione razziale. Stavolta a farne le spese è un cittadino ecuadoriano. Ma le modalità sono identiche a quelle che nei mesi scorsi avevano contraddistinto le spedizioni punitive ai danni di giovani filippini, la lunga serie di agguati finiti nel mirino della Procura della Repubblica e dei carabinieri del Nucleo Informativo. Cinque maggiorenni erano stati arrestati e dodici minorenni denunciati a piede libero, a tutti era stata contestata l’aggravante di avere agito per motivi di razzismo. «Non può esservi nessuna indulgenza - aveva detto il procuratore aggiunto Armando Spataro nell’annunciare gli arresti - perché sono cose indegne di una democrazia».
Sono le 20,30 di domenica quando nella stessa zona tornano a volare colpi proibiti. Un ecuadoriano di 27 anni, Jaime Ausberto Jumbo Quezada, è sul marciapiede di via Jacopo da Tradate, la stessa strada dove erano avvenuti buona parte degli agguati ai filippini. Jumbo abita nella strada, sta andando verso casa quando si vede venire incontro un gruppetto di quattro ragazzi italiani armati di mazze da baseball. Lo puntano deciso e lo circondano. Non dicono perché, non spiegano niente. «Siamo gli stessi che ti hanno menato due anni fa, ti ricordi?»: e giù botte. Il sudamericano cade a terra, si difende come può dai colpi. Gli aggressori non infieriscono neanche troppo, l’obiettivo - almeno stavolta - è più intimidire che rompere. Quando, chiamata da un amico di Jaime, arriva la Volante, la vittima si limita a raccontare l’accaduto, a spiegare di non saper spiegare. Rifiuta di andare in ospedale e va a casa a farsi impacchi di ghiaccio su gambe e spalle doloranti.
Ma la cosa non finisce qui. Oggi Jumbo Quezada riceverà la visita dei carabinieri del Nucleo Informativo, gli stessi che nei mesi scorsi avevano scavato nell’intreccio tra vecchia mala di quartiere e bullismo giovanile che stava dietro la «caccia al filippino» nei dintorni di piazza Prealpi. Gli verranno fatte domande e mostrati album fotografici, con l’obiettivo di dare un nome agli aggressori e verificare i loro collegamenti con i responsabili degli agguati agli asiatici. Fuori causa, almeno in teoria, dovrebbero essere gli adulti del gruppo: sono ancora tutti agli arresti domiciliari, compreso il pizzaiolo Giorgio Pignoli, l’unico per cui la Procura aveva chiesto la detenzione in carcere e che si era costituito dopo una breve latitanza a Sharm-el-Sheikh (e dopo aver rilasciato una intervista al Giornale, in cui accusava lo Stato di disinteressarsi delle prepotenze degli stranieri sbarcati in zona).
A piede libero sono rimasti invece i dodici minorenni, ma tutto da dimostrare è che qualcuno di loro possa essere coinvolto nell’episodio di domenica sera.

Anzi, un indizio potrebbe fare pensare il contrario: tra gli incriminati per i vecchi agguati c’era anche un sedicenne, Enrique M., di origine sudamericana e quindi difficilmente sospettabile di dare la caccia agli ecuadoriani. Ma, in quel gran marasma che sta tornando ad essere piazza Prealpi, tutto è possibile...

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