Edoardo Rixi, l’uomo che ha lasciato Roma per amore di Genova

Edoardo Rixi, l’uomo che ha lasciato Roma per amore di Genova

(...) Se Claudio Burlando, allora molto più movimentista e meno governativo rispetto ad oggi, non avesse ceduto a quelle proteste e la bretella fosse stata realizzata, oggi staremmo qui a raccontare un’altra storia infrastrutturale di Genova. E, probabilmente, anche un’altra storia di Genova tout court.
Insomma, non tutti gli amici di Rixi sono i miei amici. Così come non tutti i nemici: ad esempio, la nostra visione sul management di Fincantieri e sulla gestione della crisi della cantieristica è diametralmente opposta. Io, cinicamente e realisticamente, guardo al mercato e penso che, se non ci sono ordini di navi, mi sembra duro dire che le navi devono stare per forza nei cantieri di Sestri Ponente. Rixi, invece, su queste vicende la pensa un po’ come l’assessore comunale Mario Margini: a Sestri ci deve stare la cantieristica. E le navi? Vabbé, poi ci si pensa.
Ma, detto tutto questo, va dato a Edo quello che è di Edo. Rixi, ad esempio, ha una capacità straordinaria nel destreggiarsi fra cose interne leghiste, accomunato in questo al suo eterno nemico-amico di sempre Francesco Bruzzone. E, credetemi, è un’impresa da eroi, da titani della politica, visto che spesso leggere il Carroccio da dentro è roba da cremlinologi padani.
Ma, altrettanto efficacemente, ed altrettanto con disinvoltura come la sua capacità di muoversi fra i comitati, Rixi è un leghista bravissimo nel coltivare i rapporti con gli imprenditori. E, come accadde ad esempio quando organizzò il convegno sulla portualità, è capace di stare ad ascoltare anche le ragioni di chi produce.
Soprattutto, Rixi lavora parecchio. Certo - nonostante la sua quasi allergia per i quotidiani, che lo accomuna a troppi esponenti del suo partito, quando invece una maggiore lettura aiuterebbe anche il loro lavoro - Edoardo è attivissimo in consiglio regionale. Portando avanti spesso battaglie sacrosante. A volte pedalando su una sorta di tandem a tre (non ho idea se esista e di come si chiami tecnicamente) con i capigruppo del Pdl e della Lista Biasotti Matteo Rosso ed Aldo Siri, a volte anche da solo. E sue iniziative, come quelle sull’aiuto agli anziani per orientarsi nel nuovo mondo del digitale terrestre - che dovrebbe partire fra due settimane, ma di cui si sa ancora poco o nulla -, sono capaci di trascinare tutto il consiglio regionale, da destra a sinistra.
Mica finita. Il meglio di Rixi deve ancora venire. Perché, ribadisco - fatta salva l’eccellenza dei suoi colleghi targati Pdl segnalati anche l’altro giorno dal coordinatore regionale Michele Scandroglio nella bella intervista al nostro bravissimo Diego Pistacchi, un vero mastino capace di strappargli molto più di quello che Scandroglio aveva in animo di dire - Rixi potrebbe essere un ottimo candidato a sindaco di Genova. Ottimo come Rosso, come Raffaella Della Bianca, come Pierluigi Vinai, come Matteo Campora. Ma anche come Roberto Cassinelli, come Gianni Plinio, come Sandro Biasotti, come Lorenzo Pellerano, come Lilli Lauro, come tanti altri i cui nomi sono ancora coperti.
Ma oggi è il giorno di Rixi, peraltro segnalato come papabile per la prima volta proprio da Matteo Rosso in un’intervista al Secolo XIX. E. allora, viva Rixi candidato. Candidato, intendo, di tutta la coalizione, non soltanto candidato di bandiera della Lega, che rischierebbe di trasformare la sua scesa in campo in un inutile atto di testimonianza, se non proprio in un gioco al massacro. Capace, contemporaneamente, di indebolire l’altro candidato del centrodestra e di bruciare lo stesso Rixi se il risultato non fosse all’altezza delle aspettative. Tradotto in soldoni: ora è improponibile una candidatura solitaria del Carroccio. Che, invece, avrebbe potuto essere trascinante fino a qualche mese fa, quando sembrava che la forza propulsiva della Lega fosse inarrestabile e soprattutto capace di fagocitare tutti i voti persi dal Pdl, nonostante il fatto che in Liguria la crescita leghista fosse proporzionalmente molto inferiore a quella di altre zone di più recente insediamento padano: dall’Emilia alla Toscana, dalla Romagna alle Marche. Persino l’Umbria, in confronto, faceva meglio della Liguria.
Quella forza propulsiva del Carroccio in questo momento è meno forte. E, quindi, la candidatura di Rixi è ottima, ma in un quadro di coalizione.
Soprattutto, dalla parte di Edo, ci sono due cose. La prima è che, parlandogli, si sente nel suo tono e si vede nei suoi occhi la voglia di vincere e non, semplicemente, di «perdere bene» che è stato troppo a lungo il maggior obiettivo di tanti candidati del centrodestra. Soprattutto, parlando con Rixi, non si respira in alcun modo l’idea che possa fare il candidato a sindaco per poi farsi «risarcire» con altre candidature. Sorseggiando un caffè con lui l’altro giorno, mi ha colpito moltissimo, in positivo, una sua frase: «Sono stufo di tutti quelli che, anche nel nostro campo, mi spiegano quanto sia meglio stare all’opposizione. Io sono stufo di stare all’opposizione. Io ho voglia di fare la rivoluzione».
Ecco, magari Rixi è un folle visionario. Ma un folle da slegare. Un folle erasmiano, con la voglia di cambiare davvero qualcosa nella nostra città. Un folle che ha voglia di vincere o, quantomeno, di provarci davvero. Un folle con cui, ribadisco, spesso mi capita di essere in disaccordo, ma che crede nelle battaglie che fa.
Soprattutto, Rixi ha dalla sua non le parole, ma i comportamenti personali. Infatti, dopo la morte del tesoriere del Carroccio Maurizio Balocchi era arrivato a Montecitorio come primo dei non eletti nella lista per la Camera dopo l’esponente chiavarese. Avrebbe potuto rimanere lì a lungo, maturando fra l’altro la pensione a vita. Ma quell’elezione era figlia solo della sua militanza e dell’inserimento in una lista bloccata, senza preferenze, ma solo per gentile concessione dell’«imperatore» (in questo caso Umberto Bossi).
Invece, Rixi ha fatto un doppio capolavoro. Prima, è andato a cercarsi, una ad una, le preferenze che l’hanno portato ad essere eletto con la forza delle matite di chi ha scritto il suo nome sulle schede elettorali. Poi, si è dimesso dalla Camera, rinunciando ai relativi benefit e vitalizi, per venire ad occuparsi di Genova e della Liguria.
Per me, non servirebbe altro.

Per me, con questa doppia credenziale - Genova meglio di Roma e le preferenze meglio delle liste bloccate - Rixi ha dimostrato tutto quello che c’era da dimostrare con i fatti, non riempiendosi la bocca di belle parole e le tasche di belle banconote. Per me, con queste scelte, Rixi ha la campagna elettorale già fatta.

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