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Effetto Sepe, la Santa Sede si ricompatta

L'autodifesa del cardinale ha smorzato le voci critiche da Oltretevere. Rimandati i regolamenti di conti interni al Vaticano tra gli uomini di Bertone e i loro precursori. Ora è tempo di "prudenza"

Effetto Sepe, la Santa Sede si ricompatta

L’interrogatorio del cardina­le Crescenzio Sepe, indagato per corruzione nell’ambito dell’in­chiesta della procura di Perugia sugli appalti del G8, potrebbe av­venire nei prossimi giorni, lonta­no da occhi indiscreti, forse pres­so l’abbazia di Subiaco. Il giorno dopo la conferenza stampa du­rante la quale l’arcivescovo di Napoli, con una lettera ai suoi fe­deli, ha sinteticamente ma pun­tualmente risposto alle contesta­zioni dei magistrati spiegando che la prefettura degli affari eco­nomici, l’Apsa e la Segreteria di Stato avevano approvato il suo operato, nei piani alti della Santa Sede la parola d’ordine è «pru­denza ». Nei sacri palazzi in queste ore si confrontano due posizioni: la prima sottolinea con insistenza che le responsabilità penali sono personali e che le ombre appar­tengono alla «vecchia gestione», esaltando l’«operazione traspa­renza » portata avanti dalla nuo­va squadra guidata dal Segreta­rio di Stato Tarcisio Bertone e a Propaganda Fide dal cardinale indiano Ivan Dias, «estraneo ai giri delle amicizie romane». La seconda posizione auspica inve­ce una maggiore cautela, dato che certe semplificazioni tra «vecchi» e «nuovi» può finire per rivelarsi un boomerang: non sol­tanto la cosiddetta «cricca» ha continuato a funzionare per altri quattro anni dopo che Sepe ave­va lasciato Propaganda Fide, ma dalle intercettazioni sembra emergere ora anche una certa consuetudine tra alcuni degli in­dagati eccellenti coinvolti nel­l’inchiesta e il trentaduenne Mar­co Simeon, responsabile delle re­lazioni istituzionali e internazio­nali della Rai, l’uomo di fiducia della Chiesa nella fondazione Ca­rige, già collaboratore di Cesare Geronzi a Capitalia e Medioban­ca, stimato dal cardinale Berto­ne che lo ha conosciuto quando era arcivescovo di Genova. Dal Vaticano, intanto, ieri è ar­rivato l’attestato di stima a Sepe da parte dell’arcivescovo Clau­dio Maria Celli, presidente del Pontificio consiglio per le comu­nicazioni sociali, già segretario dell’Apsa, l’Amministrazione del Patrimonio della Santa Sede, che ha collaborato col cardinale: «Lo stimo molto, c’è un ottimo rapporto di amicizia tra di noi ­ha detto - auspicando che la ma­gistratura faccia il suo corso con chiarezza e celerità perché que­sto clima di sospetti, di dubbi e di velate critiche non aiuta certa­mente ». Un sostegno particolar­mente significativo a Sepe è quel­lo arrivato da Cracovia: il cardi­nale Stanislaw Dziwisz, già segre­tario particolare di Papa Wojty­la, in un’intervista a Repubblica ha ricordato la lunga collabora­zione con l’attuale arcivescovo di Napoli e ha detto di non crede­re «assolutamente che Sepe si sia lasciato ingannare o abbia com­messo qualcosa che non avreb­be dovuto fare». Una lancia in fa­vore del porporato partenopeo la spezza anche lo scrittore Ro­berto Saviano, definendo Sepe «un uomo equilibrato che ha fat­to tanto per Napoli». Un’autorevole fonte vaticana confida al Giornale : «Il cardinale si è difeso bene, ha detto il vero affermando che i bilanci di Pro­paganda sono approvati dagli or­ganismi preposti della Santa Se­de. Nei giorni scorsi il cardinale Ivan Dias - che al contrario di quanto qualcuno ha scritto non sta per lasciare l’incarico - ha fat­to fare tutte le verifiche del caso nella documentazione contabile e nelle transazioni della Congre­gazione, e nessuna irregolarità è stata riscontrata». «Ci auguria­mo- continua l’alto prelato - che tutto sia chiarito al più presto, an­che perché l’accusa di corruzio­ne appare tutta da provare e fino a questo momento, per quanto riguarda il Vaticano, c’è soltanto un grande polverone mediati­co ». Il tentativo, par di capire, è quello di smentire l’esistenza di regolamenti di conti interni fra vecchie e nuove cordate, come invece traspariva dalla frase di Sepe sul perdono concesso a chi «fuori e dentro la Chiesa vuole colpirmi». Pur essendo noto che il cardinale, un anno dopo l’ele­zione di Benedetto XVI, era stato allontanato dall’incarico di po­tente «Papa rosso» di Propagan­da Fide, e mandato a Napoli qua­le successore del cardinale Mi­chele Giordano. Continua nel frattempo l’ispe­zione predisposta un mese fa dal cardinale Bertone sui conti dello Ior. Il Segretario di Stato, respon­sabile della commissione cardi­nalizia di vigilanza sulla Banca Vaticana, ha chiesto al presiden­te dell’Istituto, Ettore Gotti Tede­schi, di ricostruire titolarità e flus­si di eventuali conti riconducibi­li alla «cricca». «Già da tre anni ­assicurano fonti d’Oltretevere ­nessun laico, anche se presenta­to da un cardinale, può aprire un conto allo Ior.

Ora stiamo lavo­rando nel segno della trasparen­za, per rinnovare gli statuti e non si esclude che alcuni dei vecchi conti vengano chiusi».

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