Emilia, moschea abusiva col permesso del Comune

A San Giovanni in Persiceto gli islamici usano una vecchia palestra. La concessione d’affitto è scaduta due anni fa, ma un’associazione ha le chiavi dei locali e paga una cifra irrisoria

nostro inviato a San Giovanni in Persiceto (Bologna)
Il cartello appeso all’interno non lascia dubbi: «Moschea di San Giovanni in Persiceto». Sotto, giorno per giorno, mese per mese, ordinatamente, in un bell’inchiostro blu, compaiono gli orari quotidiani della preghiera islamica sovrastati dalle indicazioni in arabo con relative trascrizioni in italiano. A lato un secondo cartello che non lascia dubbi, anch’esso inquadrato sotto vetro da una cornice marrone: «Regolamento per l’uso degli impianti sportivi comunali». Se ne deduce: primo, che lo stabile è del Comune; secondo, che era una palestra; terzo, che adesso è un luogo di culto.
Stesi a terra sei grandi tappeti dove domina il colore turchese; appoggiato alla parete rivolta a est un piccolo pulpito con tre scalini e un leggio che sorregge un Corano dalla copertina istoriata. Lo spogliatoio è diventato il locale per le abluzioni rituali. Scarpe e ciabatte sono deposte in un angolo, perché non ci sono scaffali. Una vetrinetta chiusa a chiave custodisce registri e medaglie della sezione scherma dell’Unione Polisportiva Persicetana. Memorie del tempo che fu. Sedie pieghevoli accatastate, macchie di umidità sui muri. All’esterno, di fronte agli impianti sportivi (campo di calcio, di baseball, piscina, palestra, bocce), lungo una roggia poco fuori i bastioni che racchiudono il nucleo storico del paese, è un viavai di fedeli avvolti in tuniche e veli.
Tutto abusivo, un abuso che dura da oltre due anni. La «concessione in locazione per utilizzo temporaneo alla associazione senza fini di lucro Al Hidaia» è scaduta il 15 ottobre 2004 e non è stata rinnovata. Ma l’associazione continua a utilizzare i locali, a tenere le chiavi e versare l’affitto, 120 euro mensili compresi oneri accessori e bollette. E il Comune, una giunta di sinistra guidata dal sindaco Paola Marani, continua a incassare e a non intervenire. Ogni tanto qualche promessa di destinare nuovi locali alla comunità islamica, ma nulla di più.
Del resto, il responsabile della moschea vive a spese del municipio, cioè della collettività. Hamdi Hafed, 37 anni, originario di Sfax (Tunisia), moglie e quattro figli, vive in un appartamento in affitto a carico del Comune per una spesa di circa 7.000 euro annui. L’amministrazione di San Giovanni in Persiceto l’ha iscritto nell’albo dei beneficiari di contributi sociali: in questo modo Hafed riceve una serie di aiuti erogati dai servizi sociali (come buoni pasto e mensa) e gode di esenzioni dalle rette e dal trasporto scolastico (asilo ed elementari) per i figli. Una giunta straordinaria fu convocata con grande urgenza il 30 dicembre 2004 per deliberare la concessione dei benefici all’imam tunisino a partire dal 1° gennaio successivo. L’accordo per l’utilizzo della palestra-moschea era già decaduto da due mesi.
Il sindaco è stato incalzato dall’opposizione, soprattutto dal capogruppo Forza Italia-Udc di San Giovanni, Elia Broccoli. La linea difensiva del primo cittadino appare però debole. Paola Marani ha negato che nella palestra cadente di via Castagnolo vi sia una moschea. Sarebbe soltanto «un luogo di ritrovo». Ma la realtà dei fatti parla chiaro. E anche le carte firmate dal sindaco o dai suoi funzionari non lasciano margini: sia nella convenzione scaduta, sia nel relativo contratto di locazione, si parla espressamente di «palestra da adibire ad attività di culto, scuola di lingua araba e cultura e tradizione musulmana» perché «le comunità musulmane necessitano di spazi idonei da destinare temporaneamente ad attività di preghiera e socializzazione».
«Quello che preoccupa di più - osserva Broccoli - è che l’associazione Al Hidaya ha come obiettivi “sostenere i valori della cultura islamica senza discriminazioni e pregiudizi religiosi, razziali e politici”, ma poi accetta adesioni soltanto da privati e associazioni “appartenenti alla religione islamica”. Si attua una forma di discriminazione religiosa che rasenta l’incostituzionalità, una selezione inaccettabile che pone molti interrogativi sulla reale apertura culturale di questa associazione».
La storia della moschea è emblematica. A San Giovanni in Persiceto, una quindicina di chilometri a nord di Bologna, la presenza di stranieri soprattutto nordafricani è in crescita, legata soprattutto ai lavori agricoli. Il Comune aveva concesso la palestra alla polisportiva, che però ne faceva un uso sempre più ridotto fino a utilizzarla due pomeriggi settimanali per la scherma. Così fu decisa la coabitazione fra spadaccini e seguaci di Maometto. E partì dal municipio anche il suggerimento alla comunità musulmana di fondare un’associazione, cosa che avvenne nel 2002.
L’atto costitutivo fu siglato «nell’edificio comunale di via Castagnolo concesso in uso dalla associazione sportiva Upp con il consenso dell’amministrazione comunale, per alcune ore settimanali per consentire la preghiera collettiva della comunità islamica». Otto soci fondatori, due tunisini e sei marocchini; Hamdi Hafed è presidente, primo firmatario e il sodalizio ha sede provvisoria a casa sua. Il fine è «sostenere i valori della cultura islamica».
Una trafila già nota: un’amministrazione di centrosinistra sollecita il consolidamento della presenza musulmana, mette a disposizione locali pubblici e chiude un occhio su situazioni poco chiare. Quando la scherma abbandonò la pedana, la palestra finì di fatto in uso esclusivo ad Al Hidaya.

Nessun controllo è stato svolto sull’utilizzo dei locali. E ora che il sindaco propone soluzioni alternative, l’associazione punta i piedi: a loro quei 130 metri quadrati spogli e fuori norma vanno più che bene. Anche perché è già suolo consacrato ad Allah.
(3. Continua)

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