Enel, più facile la partita spagnola

da Milano

L’«accerchiamento» contro l’eccesso regolatorio spagnolo, che rischiava di rendere molto problematica la penetrazione di Enel sul mercato iberico, sta incominciando a dare i suoi risultati.
La Cne, la commissione spagnola sull’energia, si è vista bocciare dal ministero dell’Industria di Madrid tre delle 12 condizioni formulate per dare il suo ok all’Opa congiunta di Enel e Acciona su Endesa. Il no, peraltro sollecitato da un ricorso di Endesa, riguarda tre elementi essenziali: prima di tutto la Cne deve rinunciare al veto sulle decisioni strategiche di Endesa, come le operazioni straordinarie, i break-up, le cessioni di asset; quindi, Endesa non dovrà conformarsi totalmente ai piani di investimento approvati dal governo e, poi, non sarà tenuta a fornire in anticipo alla commissione gli ordini del giorno delle assemblee degli azionisti e dei consigli d’amministrazione.
Fonti di Enel, oltre a manifestare apprezzamento per questa decisione, sottolineano come anche il ricorso del gruppo guidato da Fulvio Conti, presentato congiuntamente ai partner spagnoli di Acciona, dovrà ricevere una risposta dal ministero dell’Industria entro il 30 novembre. E il pressing antiregolatorio è ulteriormente accentuato dall’istruttoria che Bruxelles ha attivato dopo che la Cne ha predisposto l’iniziale, super-restrittivo, pacchetto di condizioni.
Le tre condizioni annullate erano quelle che più potevano diventare autentiche pietre d’inciampo di un’Opa che, se otterrà l’adesione di tutti gli azionisti di Endesa, alla fine assegnerà ad Acciona il 25% della società spagnola, lasciando a Enel il 75 per cento.


Restano valide quelle imposizioni che non hanno mai, di fatto, incontrato il dissenso sia di Endesa, azienda sotto Opa, che di Acciona e di Enel, promotrici dell’offerta pubblica di acquisto. Per esempio, il mantenimento per cinque anni del nome Endesa e quello della sede legale in Spagna, oltre alla conservazione delle centrali elettriche nelle piccole isole iberiche.

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