Rapporti

Eni, ricerca e investimenti per abbattere le emissioni

Obiettivi: la valorizzazione del gas naturale e lo sviluppo di prodotti sempre più ecosostenibili

Riccardo Cervelli

La lotta ai cambiamenti climatici richiede il coinvolgimento delle imprese e non solo delle istituzioni e dei cittadini. Eni, il primo attore italiano nel settore dell'energia (e uno dei principali al mondo), si è impegnata a giocare tutte le sue carte di industria dell'Oil & Gas per ricoprire un ruolo nella sfida - condivisa dai Paesi sottoscrittori dell'Accordo di Parigi 2015 (Cop21) - di contenere la crescita della temperatura globale nel corso di questo secolo al di sotto del 2 gradi Celsius. L'obiettivo non può essere raggiunto senza una decisa riduzione delle emissioni «climalteranti», più noti come «gas serra».

In concreto, come si muove in questa direzione il colosso guidato dall'ad Claudio Descalzi? La strategia posa soprattutto su tre pilastri. Il primo è l'impegno di Eni a ridurre le proprie emissioni climalteranti attraverso il miglioramento dell'efficienza energetica, l'azzeramento del routine flaring (quell'attività di combustione di gas residui che si manifesta sotto forma di fiamme persistenti alla sommità delle torri di raffinazione) e delle emissioni cosiddette «fuggitive» (a causa di problemi o inefficienze degli impianti, soprattutto quelli meno moderni). Il secondo cardine è la valorizzazione del gas naturale (metano e biometano) nella fase di transizione verso le rinnovabili, attualmente non ancora entrate a regime. Il gas naturale ha una minore intensità di carbonio rispetto agli altri combustibili fossili.

Terzo pilastro è l'attività di ricerca e sviluppo nell'ambito delle tecnologie per la produzione di energie rinnovabili. Tra queste si segnalano anche quelle che si possono ottenere da un più corretto ed efficiente riciclo di rifiuti.

Da molti di essi, infatti, è possibile estrarre sostanze che, invece di essere disperse nell'ambiente - molto spesso con un effetto inquinante - possono essere riutilizzate, contribuendo anche alla crescita del modello dell'economia circolare che oggi viene ritenuto una rivoluzione decisiva per il benessere delle generazioni attuali e future.

Esempi Eni di risultati degli investimenti in ricerca - finalizzati sia alla riduzione dell'impatto climalterante dei propri processi industriali sia all'aumento di una produzione più rispondente ai criteri dell'economia circolare e della ecosostenibilità delle future fonti di energia - sono le recenti riconversioni delle raffinerie di Venezia e Gela. Tra gli esiti virtuosi di questi due progetti si segnalano la trasformazione degli impianti in «bioraffinerie» e la riqualificazione del personale. Mentre, purtroppo, in molti casi si assiste alla dismissione di impianti produttivi di combustibili obsoleti, inquinanti e non più efficienti (con conseguenti tagli di maestranze), in quelli di Venezia e Gela non solo è stata mantenuta la forza lavoro, ma gli si è data anche la possibilità di imparare a fare qualcosa di nuovo, ossia produrre combustibili più green con cicli produttivi più sostenibili.

Nelle due bioraffinerie, da materiali di scarto quali gli oli vegetali e gli oli di frittura esausti, si producono biocarburanti come Eni Diesel+, il nuovo carburante di Eni che contiene il 15% di componente rinnovabile, allunga la vita dei motori e contribuisce a ridurre l'impatto ambientale della mobilità su quattro ruote.

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