Eni, stop al petrolio del Mar Caspio

Il governo del Kazakistan sospende per tre mesi l’attività dei pozzi del Kashagan. A Piazza Affari il titolo perde l’1%. Ieri il via ai negoziati con le autorità locali. Dureranno 60 giorni e dovranno ridefinire le condizioni contrattuali di sfruttamento dei campi

Eni, stop al petrolio del Mar Caspio

da Milano

Se è una mossa negoziale per alzare il prezzo, il governo kazako allora è davvero un giocatore che fa sul serio.
Ieri l’esecutivo di Astana, dando corso alle parole che fino a pochi giorni fa erano state interpretate da parte occidentale alla stregua di minacce tattiche, ha deciso di sospendere per almeno tre mesi i lavori di estrazione del campo di Kashagan, gestito da un consorzio internazionale di cui l’Eni è capofila. Secondo l’agenzia di stampa Interfax, formalmente la sospensione dipende da una «violazione delle leggi ambientali». Tanto che il provvedimento è stato annunciato dal ministro dell’Ambiente, Nurlan Iskakov.
Di certo, la scelta kazaka accelera all’improvviso la crisi fra il governo locale e il cartello di big player del greggio formato anche da Total, Exxon-Mobile, Royal Dutch Shell, ConocoPhilips e Impex, insieme alla compagnia nazionale Kazmunaigaz. La tensione intorno al dossier-Kashagan, che ieri è costata al titolo Eni un deprezzamento dell’1,05% con una chiusura a 24,6 euro, è prima di tutto motivata dall’aumento dei costi del progetto e dallo slittamento dei tempi, dal 2008 alla seconda metà del 2010, per l’avvio del pompaggio a pieno regime. Inoltre, pare che il Kazakistan miri a un incremento, dal 10% al 40%, della sua quota di profitti. Tutti elementi che hanno fatto rapidamente precipitare la situazione al punto che il governo kazako, dichiarando tutta la sua insoddisfazione, ha ventilato la possibilità di revocare il permesso di esplorazione al consorzio e di togliere a Eni la funzione di leader del Production Sharing Agreement. Ieri, intanto, c’è stata la prima riunione fra il consorzio guidato dall’azienda italiana e le autorità locali. E fonti dell’Eni hanno confermato «di avere ricevuto una lettera di composizione amichevole del contratto». Le diplomazie sono dunque al lavoro, nella prospettiva di modificare alcuni parametri dell’accordo. Non a caso, venerdì scorso l’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, aveva annunciato che al centro delle discussioni, alla luce dei nuovi prezzi del greggio e dei nuovi investimenti, ci sarebbero state anche le percentuali «cost oil», finalizzate a ripagare gli investimenti, e quelle «profit oil», destinate a garantire i margini di guadagno. Discussioni che si svolgeranno nell’arco di 60 giorni.
A testimoniare che il clima non è per niente facile, va ricordato che ieri il ministero delle Finanze kazako ha accusato il consorzio di avere violato le regole doganali: in particolare i rilievi, che danno origine a un procedimento penale, riguardano l’importazione di due elicotteri da parte della società AgipKco. Una vicenda su cui Eni non ha rilasciato commenti.


Comunque sia, dopo il 4 settembre lo stesso Scaroni si recherà in Kazakistan. Dove arriverà, l’8 e il 9 ottobre, anche il premier Romano Prodi, che si troverà a discutere con il presidente Nursultan Nazarbaiev, padre padrone del Paese.

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