Era in un’oasi nel deserto la tomba del papà disperso

Era in un’oasi nel deserto la tomba del papà disperso

Un fedele lettore del nostro Giornale, il dottor Giuseppe Genco, dopo aver letto l’articolo «In cerca della sepoltura del nonno prigioniero», ci manda un suo breve racconto che volentieri pubblichiamo.

Un mio caro compagno di scuola, un giorno, mi ha raccontato: «Ho una certa età, alcuni la chiamano la terza. Per me il tempo non passa mai; vivo in un ambiente familiare di particolare serenità ed affetti carissimi, due figli ricchi di amore per me e per la loro madre. Il mio cuore è giovane e lo sarà per tanti anni ancora. Mia moglie è per me piena di attenzioni e sempre cortese. Ma, fin dalla lontana giovinezza, ho un vuoto mai colmato, anche se sono trascorsi tanti e tanti anni. È che i sentimenti, quelli veri, continuano a vivere anche nei lunghi e lieti o tristi periodi della nostra vita».
Ha proseguito ancora il mio vecchio compagno di scuola: «Da diversi anni non festeggio la ricorrenza del mio compleanno, festeggiamo solo il compleanno di altri familiari. Ho avversione per tale mio evento, ma non ho chiari i motivi di tale mio comportamento. Comunque, tale mia indifferenza potrebbe essere collegata ad eventi di guerra».
Continua il mio amico: «Mio padre è stato richiamato alle armi e destinato a reparti combattenti nel Nord Africa. Ci scriveva con frequenza, raccontava fatti della vita di un semplice soldato: ad ogni arrivo della lettera, tutti eravamo contenti e certi del suo imminente ritorno, ma ciò non è mai avvenuto.
Quando mio padre parte per il Nord Africa è il giorno del mio compleanno: di tale evento ho ricordi nitidi ed esatti.
Dopo un anno di lontananza dalla famiglia, ricorre il mio secondo compleanno. Mia mamma ci dice: «Festeggeremo quando vostro padre sarà tornato». Da allora, non abbiamo più festeggiato.
Può essere così che il ricordo del rinvio della cerimonia abbia in me determinato avversione alla ricorrenza. Mio padre non è più tornato, il suo nome è scritto fra i «dispersi in guerra». Ricordo quando, un triste giorno di agosto, si presentò nella nostra casa un Ufficiale dell’Esercito con un Decreto del Ministero per comunicarci che nostro padre figurava fra i dispersi. Non è mai stato possibile conoscere l’esatta località dell’evento in quanto, nei giorni precedenti la scomparsa, diversi Reparti - in Nord Africa - sono stati trasferiti in zone di prima linea, ma senza precisa indicazione del luogo. Nell’area interessata si sono verificati combattimenti in momenti e luoghi diversi, da qui la impossibilità di conoscere la località esatta.
Sono passati tanti anni, i ricordi del dolore si alternano a momenti di serena vita familiare. In anni recenti partecipo ad una gita di ex combattenti in diverse aree del Nord Africa. Mi interessa in particolare un viaggio in quelle località in occasione della ricorrenza di momenti - per noi - tragici.
Pervenuti sul posto, vedo che nel Sacrario sono incisi, in una lastra di marmo, i nomi dei Militari Caduti Italiani. Cerco il nome di mio padre, ma non lo trovo, non vi è. Il sole rovente cala al di là delle dune del deserto, sta per terminare il giorno. Siamo un gruppo di circa cinquanta italiani; un gruppetto di cinque dice al capo della comitiva: «Ci rechiamo in quota per la collocazione di una corona ai Caduti ivi sepolti, per come è avvenuto in precedenti viaggi».
Il fatto mi incuriosisce e domando di che cosa si tratti. Apprendo che, a circa un chilometro dal Sacrario dei Caduti, vi è un altro piccolo Cimitero con un modesto monumento con i nomi di altri Caduti nella zona; mi unisco al piccolo gruppo e, in auto, dopo pochi minuti, arriviamo nell’area di tale Cimitero Militare dove sono sepolti dieci militari italiani ivi caduti nell’adempimento del dovere.
Mi sento molto agitato, senza che ve ne sia motivo. Il Gruppo apre il cancelletto e depone la corona di fiori ai piedi del modesto Sacrario. Leggo i nomi ed ho un tuffo al cuore: con profonda angoscia, leggo il nome di mio padre ed il cognome che, però, presenta una piccola diversità dal cognome giusto. È esatta la data di nascita e la data della morte coincide con la data comunicataci nel Decreto del Ministero della Guerra nel lontano 1943 quale Militare disperso. Ho qualche dubbio sulla identità del Caduto, ma il nome è quello giusto, il cognome appena diverso, le date di nascita e morte quelle esatte. Comunico ai presenti quanto mi è sembrato di scoprire. Uno del gruppo, turbato, come gli altri, mi dice «Controlliamo gli oggetti conservati...»: infatti, in apposito locale laterale, sono custoditi vecchie carte e ricordi vari trovati addosso ai Caduti. Sono oggetti di modesto valore, ma dal grande significato umano: fotografie, portafogli, orologi, lettere ed altro.
Guardiamo - tutti - con attenzione e, con mia grande sorpresa, dolore e gioia, scopro una lettera spedita da mia madre, più di cinquanta anni addietro, diretta al militare...: nome e cognome sono quelli giusti, ma, per un errore, il cognome sulla lapide di marmo è stato scritto in modo appena diverso. Ho avuto così la ventura di ritrovare, dopo tanti anni, il mio caro Papà, che riposa in terra straniera, in un luogo tanto lontano.
Di ritorno a casa, mi sono affrettato a far conoscere la mia scoperta ai familiari. Stiamo esaminando la possibilità del trasporto dei resti nella nostra terra, ma non sono convinto che sia giusto tale trasferimento: non è importante sapere ove sono sepolti i nostri Cari. Quello che, a mio modesto avviso, è di valore è il non dimenticare i nostri Cari, ovunque siano i resti mortali. L’anima, lo spirito, gli affetti vivono e vivranno sempre e comunque nei nostri cuori».


Dopo diversi giorni di calorose discussioni - tutti - concordiamo di lasciare i resti mortali del nostro Caro nelle dune brucianti del deserto africano. Mio papà - dal tempo del termine della sua vita terrena - vive felice nei lussureggianti giardini dell’Eden.

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