Como - "Scendemmo io e mia moglie verso la casa della signora Castagna. Si aprì la porta e apparve una persona: era il mio vicino di casa, il signor Olindo Romano". Così il sopravvissuto alla strage di Erba, Mario Frigerio (nella foto), ha riconosciuto in aula Olindo Romano come quello che fu il suo aggressore, la sera dell’11 dicembre 2006. Un riconoscimento "con certezza, senza dubbi" continua il supertestimone. "Mi guardava con due occhi d’assassino, uno sguardo strano, che non so nemmeno come definire".
Testimonianza difficile Mario Frigerio, che nella strage di Erba ha perso la moglie Valeria Cherubini, ha reso la sua testimonianza con difficoltà a causa della profonda ferita alla gola che subì la sera dell’eccidio in cui, oltre a sua moglie, furono uccisi Raffaella Castagna, suo figlio Youssef e la madre della donna, Paola Galli. L’uomo ha ricostruito le fasi precedenti alla strage quando sua moglie uscì per portar fuori il loro cagnolino, che morì asfissiato dal fumo appiccato all’appartamento di Raffaella Castagna. "Sentimmo delle urla, un urlo di sofferenza - ha detto Frigerio -. Poi il silenzio assoluto. Dissi a mia moglie di aspettare cinque minuti - ha continuato -. Poi lei scese, ma rientrò subito dopo perché aveva visto del fumo. Scendemmo e la porta dell’appartamento della signora Castagna si aprì ed apparve una persona: era il mio vicino di casa, il signor Olindo Romano".
"Mi ha tagliato la gola" "Lui mi guardava con occhi carichi di odio, di violenza. Non ho neppure avuto il tempo di pensare a qualcosa di preciso. L’ho visto bene in faccia. Ero a meno di un metro di distanza. Lui ha chiuso la porta che all’improvviso si è riaperta, e una forza brutale di ha trascinato dentro. Mi ha preso per il collo, mi ha buttato a terra. La luce delle scale si era spenta, così come lo era quella nell’appartamento di Raffaella. Dentro si intravedevano solo bagliori. Tenendomi per il collo continuava a picchiarmi, non so se fossero pugni, calci o altro. Sentivo un male enorme. Dopo pochissimo ho avuto l’impressione che qualcuno mi passasse accanto, tra lo stipite e me. Lui mi teneva giù, in ginocchio. Mi era sopra a cavalcioni, io avevo la testa rivolta leggermente verso di lui. Ho visto che prendeva qualcosa da una tasca. Mi sembra un coltello. Sentivo mia moglie che urlava. Mi ha tagliato la gola, continuavo a sentire Valeria gridare 'aiuto, aiuto, aiuto...'. Poi il silenzio. Ho visto benissimo la sua mano che prendeva il coltello dalla tasca, l’ho visto mentre mi tagliava la gola. Ero terrorizzato. Capivo dalle urla che mia moglie era in pericolo. Poi non l’ho più sentita. Neppure il cane. Il silenzio. Il buio. Cercavo di muovermi, di andare da mia moglie, ma non ci riuscivo. Non dimenticherò per tutta la mia vita quella faccia". E guardando negli occhi Olindo rinchiuso nella gabbia: "Inutile che mi guardi così, disgraziato, eri tu".
"Mi sentivo bruciare" "Mi sentivo bruciare, non riuscivo a muovermi e ho pensato di morire". Così Frigerio ricorda i momenti della strage. "Sono rimasto immobilizzato e - spiega - vedendo il fuoco mi sentivo bruciare, non riuscivo a gridare, non sentivo più niente. Sentivo solo che il fuoco era forte e ho pensato adesso mi brucia". Poi il racconto prosegue con i primi soccorsi: "Non so dire quanto è passato dall’aggressione, a me sembrava un’eternità".
"Volevo solo salvare mia moglie" "A me non interessava salvare me, ma mia moglie". All’arrivo dei soccorsi, nella corte di via Diaz luogo della strage, Frigerio voleva solo sentire dire che la donna "era viva e invece il primo vigile del fuoco Bartesaghi non ha detto niente". Frigerio è stato trasportato in ambulanza all’ospedale sant’Anna di Como e anche lungo il tragitto sperava " che fosse viva. Mentre mi svegliavo pensavo fosse un brutto sogno invece era la realtà".
Rosa in un video: "Così ho accoltellato Youssef" Rosa Bazzi ripercorre la dinamica del quadruplice omicidio dell’11 dicembre 2006. Una strage che va "in onda" sugli schermi dell’aula del Tribunale di Como dove è in corso il processo che li vede come imputati. Un filmato registrato nel febbraio scorso nel carcere di Como durante un’intervista con lo psichiatra Massimo Picozzi. Rosa descrive la scena dell’omicidio del piccolo Youssef e ricorda "quando sono andata a uccidere il bambino. Ho dato una coltellata, però non l’ho picchiato". Un racconto confuso in cui Rosa agitata descrive la scena e ricorda le fiamme appiccate per distruggere i cadaveri. "È partito subito l’incendio e io ero nel mezzo dell’incendio".
Poi prosegue: "Olindo mi diceva di uscire ma io non sentivo il caldo, non sentivo il pericolo". Le immagini sono state mostrate durante la testimonianza del giornalista Pino Corrias che ha ricostruito il delitto nel libro 'Vicini da morire'. Durante la testimonianza quando la difesa dei coniugi Romano ha preso la parola, l’avvocato Enzo Pacia ha chiesto di far allontanare un attimo Rosa per permettere di ricordare l’intervista fatta alla madre dell’imputata in cui ricordava che da piccola Rosa è stata molestata. In quel momento Rosa ha cominciato a piangere. Poche lacrime che ha tentato di nascondere, ma sono state inquadrate dall’occhio della telecamera.
Kamikaze "Meglio arruolarsi nelle Brigate Rosse, meglio fare il kamikaze": Olindo Romano commentò così in carcere la messa in onda della fiction sulla strage di Erba da parte del programma di canale 5, Matrix. È quanto ha riferito nella sua testimonianza al processo per la strage di Erba il comandante degli agenti di Polizia penitenziaria del carcere di Como, Marco Santoro, con il quale l’ex netturbino si giustificò dicendo che si era trattato di un "momento di nervosismo". "Ammazzare una persona non è così male - avrebbe detto Olindo, nei confronti del quale fu redatto un rapporto dall’amministrazione carceraria -. Viene voglia di farlo ancora". Olindo si è successivamente giustificato per le sue affermazioni dicendo di averle pronunciate in un momento di nervosismo. "Contestai a Romano e Tavaroli (ex responsabile della security Telecom ndr.) il loro comportamento - ha detto Santoro - perché parlavano dalle celle e questo disturbava i detenuti. Consegnai a Romano una copia del regolamento per invitarlo ad abbassare la voce. Mi disse che aveva problemi d’udito".
Il pm Astori ha dato lettura di uno dei "pizzini" sequestrati nella Bibbia in possesso a Olindo. "Romano voleva le gocce previste dalla terapia non alle 10 di sera, perchè altrimenti non riusciva a dormire", ha spiegato Santoro. Motivo per cui ebbe uno scambio di "vedute" con il secondino, al quale rivolge il suo pensiero nel "pizzino": "Se dovessimo incontrarci fuori di qui, lui senza divisa, uno dei due non andrebbe a casa con le sue gambe". Santoro ha parlato, rispondendo alle domande del difensore Fabio Schembri, delle preoccupazioni di Rosetta Bazzi sulla gestione patrimoniale dei beni suoi e del marito durante la detenzione.
Ha anche riferito che Olindo Romano è stato dapprima diffidato e poi fatto oggetto di provvedimento disciplinare per aver ripetutamente cercato di fare uscire dal carcere alcuni suoi scritti, tentando di eludere le norme in materia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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