Erbacce, rifiuti e bare bruciate nei piccoli cimiteri del levante

Ridotto a una discarica e abbandonato al vandalismo il camposanto di Quinto

Erbacce, rifiuti e bare bruciate nei piccoli cimiteri del levante

Marzia Fossati

In alcuni casi, quando si parla di cimiteri, piccolo è meglio. Perlomeno per quanto riguarda i camposanti del levante cittadino, pare essere proprio così; con le dovute eccezioni, naturalmente. Se infatti il minuscolo Nervi 2 di via Molini Cima, risulta il meno disastrato tra i quattro camposanti nerviesi, perché nonostante la solita selva di erbacce che avviluppa lapidi e vialetti mantiene comunque un aspetto «intimista» da piccolo orticello campagnolo, non si può certo dire lo stesso dell’altrettanto ristretto cimitero di Quinto.
È infatti a dir poco scandaloso che a due passi da corso Europa, i defunti seppelliti in questo fazzoletto di terra, anche se chiuso alle inumazioni e aperto solo domenica e giovedì, siano stati abbandonati al degrado più totale. Perché di degrado si tratta, e a livelli inimmaginabili, se si pensa che a pochi metri dalla fermata dell’autobus 17, esiste una piccola terra di nessuno, dove i vandali hanno dato man forte al tempo per creare uno scenario di devastazione squallida, forse unico nel suo genere.
Sembra infatti quasi impossibile che l’incuria e gli agenti atmosferici da soli possano aver concorso a creare questa distesa di sterpaglia intervallata da cocci di lapidi, croci interrate, lastre di marmo spaccate in mille pezzi, spazzatura, vetri rotti e ferro arrugginito.
È una discarica, una discarica cimiteriale. Alcune tombe di famiglia sono state forzate e saccheggiate, addirittura quella della famiglia Serra non si sono degnati nemmeno di richiuderla, proprio come la fossa alla sua destra, la cui bara è stata disseppellita, portata via, e la buca è rimasta così, aperta, ancora col nome del poveraccio che vi riposava inciso sopra.
Senza contare il fatto che all’interno della tomba stessa si notano ancora i segni di un bivacco: mozziconi di spinelli e un sacchetto di plastica, segno che qualcuno ne ha fatto teatro di un picnic di pessimo gusto. Eppure domenica mattina alcuni anziani si aggiravano basiti in questo scenario desolato e desolante con dei fiori in mano. Segno che, a differenza del Comune, i parenti non hanno ancora abbandonato questi defunti.
In un panorama già triste a priori, e reso ancor più malinconico dall’incuria e dal degrado, spicca però un’eccezione, che, per onestà, è doveroso segnalare. Si tratta del cimitero di San Desiderio, in fondo a via Pomata. Immerso nel verde, la facciata ancora intonsa, è un ordinato giardino di tombe in perfette condizioni, tant’è che un’unica lapide semi sprofondata nel terreno è stata recintata per essere riordinata al più presto. Peccato solo per la cappella, trasformata in un polveroso magazzino per mancanza di fondi.
Il cimitero di Apparizione è purtroppo un duro ritorno alla realtà, se già prima di entrarvi, ci si domanda infatti, con tutto lo spazio che c’è in piazzale Canepa, perché i cassonetti dell’Amiu siano stati posizionati proprio davanti, ma davanti davvero, all’ingresso del camposanto. Tanto che per accedervi si debba fare lo slalom.

Nel complesso il cimitero è sporco e fatiscente, con poche aiuole che ricordano la più desolata pampa argentina, la cappella abbandonata, il neon dell’unica galleria che non si accende e uno spettacolo sinistro osservabile dalle scale che portano al livello inferiore.
Sotto la scalinata in ferro, sono ancora ben visibili le tracce di un incendio, o di un semplice falò, tra cui però si distinguono ancora, due bare semicarbonizzate dal fuoco: inquietante.
(4/continua)

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