Le botteghe tradizionali dellEsquilino seguitano a chiudere sebbene esista una legge regionale per la tutela territoriale. Nel frattempo i negozi dabbigliamento allingrosso gestiti dai cinesi continuano ad aumentare nonostante una delibera vieti lapertura di nuove attività di questo tipo in zona. Quanto alla Ztl merci, secondo le dichiarazioni rilasciate martedì dal consigliere de La Destra Augusto Caratelli, sarebbe stata sospesa.
A fronte di questo scenario caotico, non suscita sorpresa il fatto che lattenzione del neopresidente del I Municipio Orlando Corsetti sia stata richiamata subito sulla situazione in cui versa il rione e, in particolare, sugli aspetti relativi al dilagante fenomeno del commercio «made in China».
Oggi un esercito di manichini tiene sotto scacco il quartiere e a farne le spese sono stati, comè noto, i negozi storici dellEsquilino. Dal calzolaio al barbiere, dal ferramenta al panettiere. Luno dopo laltro hanno lasciato il posto alla vendita di vestiti, calzature, accessori, pelletteria. «Il divieto di cambiare la destinazione duso è stato introdotto con eccessivo ritardo», obbietta al riguardo uno dei pochi superstiti. Questo gestisce una merceria in via Principe Eugenio e per rendere più chiaro ciò che dice indica con un cenno del capo la sala scommesse sorta sulle ceneri di una prestigiosa boutique di abiti da sposa. Altri fattori vanno però tenuti in considerazione. «Sotto lattuale consigliatura regionale, a causa dei problemi economici derivanti dal debito sanitario, non è stato possibile concedere i finanziamenti previsti dalla legge di sostegno alle attività tradizionali», spiega il responsabile dellOsservatorio sul commercio Enrico Rumbold. Il proliferare dei cosiddetti showroom dellEsquilino spinge poi a prendere in esame un altro aspetto. «Le attività dedite alla vendita allingrosso - rammenta sempre Rumbold - non necessitano particolari autorizzazioni da un punto di vista commerciale». Il che rende certamente difficoltoso monitorarne lo sviluppo.
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