Assad sta vincendo e noi lo corteggiamo pure

Il rais guadagna terreno. E rivela: la Banca mondiale vuole fare affari con me

Assad sta vincendo e noi lo corteggiamo pure

Al tempo della Guerra Fredda due grandi schieramenti attraversavano i confini geografici: l'una e l'altra parte combattevano accanitamente quella che sentivano come la battaglia più importante per le sorti del mondo. Oggi intorno alla questione siriana e in genere islamico-mediorentale una sola parte combatte con decisione, ed è quella dei cattivi: infatti sta vincendo.

Siamo sempre stati convinti che alla fine vincano i buoni, ci hanno abituato così i film americani. Non è più vero. I bad guys stanno vincendo e non con le armi che piacciono a noi, le parole, non con la prossima conferenza di Ginevra, non con i discorsi di Obama o i balbettamenti dell'Ue: vincono intimidendo, bruciando, scannando, esplodendo. Una prova ne è la tracotante dichiarazione di Assad al quotidiano libanese Al Akhbar secondo la quale «i paesi occidentali», dice lui, gli propongono sotto il tavolo grandi business nel campo delle costruzioni e dell'estrazione del petrolio e del gas, dato che ce ne dovrebbe essere parecchio lungo le coste. «Persino la Banca Mondiale - ha detto Assad, che sia vero o no - che si muove eseguendo ordini americani, mi ha proposto un generoso affare: 21 miliardi in prestito a tassi agevolati, e ha espresso il desiderio di finanziare i progetti di ricostruzione». Ma Assad, dopo aver distrutto il suo Paese, si muove a modo suo: ci sono già contratti con i cinesi, ha detto, e per quel che riguarda il petrolio il diritto è stato garantito ai russi. E a chi altrimenti? Assad ha anche annunciato una fiera e continua «resistenza» come quella degli Hezbollah contro Israele.

Il raìs siriano è ringalluzito da quando i suoi, Hezbollah in testa, hanno preso la città di Qusair. La città così vicino a casa loro che la radio trasmette le stazioni libanesi e non siriane, è caduta di fatto nelle mani degli uomini di Nasrallah, che impedendo il saccheggio nel disastro compiuto, conservano il loro mito di guerrieri islamisti integri. Ormai anche loro sono circondati dall'aura di una bizzarra, deforme vittoria. E questo fa paura. Lo si vede anche dal fatto che nelle stesse ore il nuovo governo bulgaro - dopo che quello precedente aveva certificato la partecipazione degli Hezbollah all'attentato di Burgas (un autobus di turisti israeliani esploso, 5 morti, 32 feriti) - si è rimangiato la posizione del governo precedente: le indagini non danno risultati certi, hanno detto tremuli, e la già tentennante Unione europea, in cui solo Inghilterra, Francia e Germania si battono perché l'organizzazione sia posta per la parte militare nella lista terrorista, si sta tirando indietro.

Mettere gli Hezbollah nella lista è l'ultimo segno di vita che l'Europa potrebbe dare. Sarebbe un segnale che il fronte Siria-Iran-Hezbollah non può impunemente seguitare a fare migliaia di morti col terrorismo.

Adesso che gli Hezbollah siedono al banchetto di Assad, che a sua volta ha preso l'autostrada russo-cinese-iraniana, il loro fronte diventerà sempre più forte, il terrorismo si estenderà, ondate di profughi terrorizzate destabilizzeranno il Medio Oriente. La conferenza di Ginevra non riuscirà a ristabilire il buon senso.

Assad resterà con un pezzo della costa (Tartus), un corridoio per Damasco, la via verso il Libano e l'Iran, e l'odio di gran parte del suo Paese; la guerra continuerà; l'Iran e gli Hezbollah, come la regina di Alice nel Paese delle meraviglie, si guarderanno intorno e indicheranno una qualunque latitudine dicendo: «Tagliategli la testa».

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