Mondo

Australia, 20 anni di carcere per i cittadini che combatteranno in Siria

Il governo mette le cose in chiaro. Non tollererà ingerenze in Siria da parte di cittadini australiani. Nel fine settimana ucciso uomo originario di Melbourne

Ribelli vicino alla base aerea di Taftanaz, nell'area di Idlib
Ribelli vicino alla base aerea di Taftanaz, nell'area di Idlib

Nel giorno in cui i soldati americani arrivano in Turchia, inviati per sovrintendere al posizionamento delle batterie di missili Patriot, richieste alla Nato da Ankara, come forma di difesa contro possibili sconfinamenti del conflitto siriano, l'Australia mette in chiaro che non sarà tenera con i suoi cittadini che decidano di unirsi alla causa dei ribelli.

Molti stranieri - occidentali e non - sono andati nei mesi ad ingrossare le fila della ribellione. Contro Assad non combattono soltanto siriani in cerca di un rivolgimento della situazione politica, ma anche persone che simpatizzano con la causa.

Pochi giorni fa in Siria è morto Abu al-Walid al-Australi. Come il nome lascia intendere, l'uomo non aveva certo radici damascene. Originario di Melbourne, è almeno il terzo australiano a morire in un conflitto in cui l'Australia non vuole al momento mettere il naso.

Molte persone, arrivate in Siria con l'intenzione - o la scusa - di offrire sostegno umanitario, sono finite arruolate al fianco dei ribelli. Lo spiega Joseph Wakim, fondatore del Consiglio arabo australiano, all'Australian Broadcasting Corporation. Non si parla di contractors, assoldati per la causa, ma piuttosto di persone genuinamente convinte della legittimità della lotta contro Bashar al-Assad.

A scanso di equivoci Bob Carr, ministro degli Esteri australiano, ha messo in chiaro cosa rischia chi decide di partecipare al conflitto in Siria: fino a vent'anni di carcere. Un avvertimento doveroso, se è vero che dal 2011 sono almeno un centinaio i cittadini australiani che hanno deciso di unirsi alla causa ribelle.

"Una persona - ha detto il ministro - non può entrare in uno Stato straniero con l’obiettivo di intraprendere attività ostili". Farlo sarà punito severamente. Così come sarà ritenuto responsabile anche chi farà proselitismo.

"Chiunque in Australia recluti qualcuno da inviare all’estero per combattere rischia sette anni".

Commenti