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La bella di Damasco che vive nel lusso al fianco del tiranno

La dichiarata passione per un paio di scarpe da 6.400 dollari stride con gli orrori del suo regime. Dipinta come icona del cambiamento, la first lady Asma el Assad è sempre vicina al marito

La bella di Damasco che vive nel lusso al fianco del tiranno

A dare un colpo definitivo all’immagine glamour e cool della first lady siriana è stato un simbolo per eccellenza del glamour e del cool. Quell’interesse così femminile di Asma El Assad per uno sfavillante paio di scarpe di Christian Louboutin da 6.400 dollari confessato in una email privata è maledettamente assurdo e fuori luogo in un momento in cui l’intera comunità internazionale guarda con orrore e impotenza alle violenze in Siria, alla repressione della rivolta messa in atto dalle forze di sicurezza che rispondono a suo marito, il presidente Bashar El Assad.

La first lady siriana non appare più da mesi sulle copertine delle riviste patinate, in posa per i fotografi di moda. È discreta ora, quasi invisibile: sostiene le azioni del regime e del marito con un pesante silenzio, rotto soltanto una volta, qualche settimana fa, da un messaggio consegnato alle colonne del Times di Londra: «Il presidente è il presidente della Siria, non di una fazione di siriani. E la first lady lo appoggia nel suo ruolo». Poche parole che hanno messo fine a mesi di speculazioni sulla posizione della moglie del dittatore. Indiscrezioni avevano parlato di una sua fuga all’estero, in Gran Bretagna, dove Asma è nata nel 1975 e dove ha vissuto per 25 anni. Ma lei non ha mai lasciato il marito e Damasco. Per molto tempo, la stampa internazionale ha speso aggettivi sull’eleganza, sulla sobrietà, su quel côté così occidentale di madame Assad. La rivista Elle nel 2008 la metteva nella lista delle donne più eleganti della politica mondiale. E a febbraio 2012, mentre già la Siria ribolliva sull’onda delle rivolte arabe, Vogue pubblicava un lungo ritratto-intervista della first lady. «La Rosa del Deserto» è «glamour, giovane, e molto chic, la più fresca e magnetica delle first lady», che regna sul focolare domestico in maniera «selvaggiamente democratica», lasciando ampio spazio di decisione ai tre figli.

Asma El Assad è figlia di un cardiologo di fama, Fawaz Akhras, e di una diplomatica. Ha studiato a Londra, alla Church of England School, poi al Queen’s College, dove le compagne la chiamavano Emma. Dopo gli studi di informatica, Asma entra nel mondo delle banche di affari e nel 2000, quando sposa Bashar, incontrato in Gran Bretagna, abbandona un ottimo posto a JPMorgan e il progetto di un master a Harvard per tornare a Damasco. Non pochi hanno cercato di intravedere nell’educazione così europea della first lady la parte buona del regime, e in lei una musa riformista capace di spingere il marito ad aperture democratiche. Anche in Italia: nel 2008, a Rimini, il Centro Pio Manzù per la pace l’ha premiata come «ambasciatrice straordinaria del cambiamento». Asma ha ricevuto una medaglia d’oro del presidente della Repubblica per «l’opera svolta a favore della crescita economica e dello sviluppo sostenibile del mondo arabo». Oggi quell’impressione si scontra con il silenzio della sposa del raìs, con il contenuto delle presunte email della coppia presidenziale, pubblicate dal Guardian e ottenute attraverso hacker dell’opposizione. Nella banalità del quotidiano, lui scarica musica country, lei pensa ad acquistare candelabri per la casa. Fuori la repressione va avanti. L’Onu parla di ottomila morti. «Il regime di Assad oggi è caratterizzato dalla negazione della realtà, dal rifiuto di ciò che accade nel Paese. Da quando è tornato, nel 1994, Assad vive a palazzo in una bolla, circondato da vecchi consiglieri», ha detto al Giornale Olivier Roy, uno dei maggiori esperti di Medio Oriente in Francia. Eppure, l’eco della rivolta e delle repressioni emerge dalle email: «Se stiamo assieme, supereremo tutto questo assieme. Ti amo», scrive Asma al marito.

Nei primi anni dopo il matrimonio, le cronache di palazzo raccontano come la first lady abbia sofferto per l’opposizione delle due donne forti di corte: la suocera Anissa e la cognata Bushara, moglie dell’ex capo dei servizi segreti militari, Assef Shawkat, avrebbero preferito per Bashar una sposa alauita, come il resto della leadership di Damasco, e non sunnita, come Asma. La first lady si è comunque ritagliata negli anni un ruolo forte, molto di immagine. E oggi resta silenziosa al fianco del presidente. Poco importa che la sua famiglia sia originaria proprio di Homs, teatro delle violenze più dure. Anche suo padre, Fawaz Akhras, appoggia il regime: parlando al Telegraph giustifica le repressioni.

«Che cosa dovremmo fare? Aspettare che ci uccidano? C’è la responsabilità di garantire la sicurezza del proprio popolo», ha detto, paragonando la rivolta alle violente proteste estive a Londra, quando il premier britannico David Cameron aveva sollevato la possibilità di far intervenire l’esercito.

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