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Una bibita a casa Sadat. "Sono un uomo di Dio"

Nessun cerimoniale, la biancheria dei bambini stesa ad asciugare: "Senza l'Egitto il mondo arabo è perduto"

Una bibita a casa Sadat. "Sono un uomo di Dio"

La casa che Sadat si è fatta costruire fuori dalle monumentali mura di cinta del parco del Castello di Maamura è una costruzione a due piani con biancheria di bambini stesa bonariamente ad asciugare sulla terrazza. Unico segno di potere: la manica a vento per elicotteri che si aggira floscia da un palo, sul prato rasato. Nessun cerimoniale: un segretario mi conduce in un salone ammobiliato alla francese con mobile di stile Luigi XV e XVI; qualche quadro alle pareti; dei grandi vasi di Sèvres sui tavolini. Da una porta a fisarmonica semiaperta giunge a scrosci la voce di Sadat che sta discutendo con qualcuno sull’Africa. Un cameriere, nero di pelle come l’ebano, in giacca e guanti bianchi porta i rinfreschi. Dopo una prolungata attesa sono ammesso nello studio del Raís che consiste in definitiva di un grande canapé, davanti a una vetrata che inquadra un palmeto. Vestito in sahariana blu scuro, capelli e sopracciglia strisciati di bianco, il callo del contatto pluriquotidiano della testa col terreno nel corso della preghiera ben visibile in mezzo alla fronte, magro, cordiale, rilassato come un gatto pronto a scattare, la pipa per lo più spenta fra i denti.

Lei usa digiunare due volte alla settimana e ritirarsi a meditare nel deserto. In che modo questa disciplina del corpo e dello spirito contribuisce alla migliore sua comprensione della vita internazionale?

«Ogni uomo deve vivere una vita produttiva e compiere la missione che gli è stata affidata dal destino. Per poterlo fare deve imparare a costruire se stesso prima di tentare di modificare la vita degli altri. Solo chi ha imparato a dominarsi può dominare il mondo».

C’è sempre stata una rivalità storica fra la Valle dell’Eufrate e del Nilo. In questo momento l’Irak sta facendo un grosso sforzo, anche nel campo nucleare, per fermare la sua supremazia sul mondo arabo e prendere il posto di guida dei Paesi non allineati lasciato libero da Tito. Un’ambizione del genere non potrebbe provocare un nuovo dissidio fra il Cairo e Bagdad come quello causato nel 1954 dal patto di Bagdad?

«Lei ha ragione al cento per cento. Saddam Hussein utilizza persino l’Arabia Saudita per promuovere la leadership del suo Paese sul Golfo Persico e nel mondo arabo. Ma ha contro di sé il corso della storia. Non riuscirà mai, perché l’Irak non possiede il potenziale necessario per dirigere il mondo arabo e musulmano. C’è una rivalità tra Egitto e Irak, ma l’Egitto ha sempre vinto e continuerà a vincere. Chi detiene la chiave della guerra e della pace in questa regione? L’Irak? L’Arabia Saudita? No, è solo l’Egitto. Che gli altri lo vogliano o no, è un fatto che l’Egitto è il capo della grande famiglia araba e di quella musulmana».

Nel suo recente scambio di lettere con il Primo ministro Begin, lei ha scritto che il ritorno degli ebrei alla Terra promessa è il compimento di una storia divina iniziata in Egitto. Molti in Israele hanno interpretato e apprezzato questa idea come un riconoscimento del diritto storico degli ebrei sulla terra della Bibbia. È questa interpretazione del suo pensiero corretta?

«Ho l’impressione che si sia esagerato. Io ho studiato il Corano e anche recentemente mi sono recato sul monte Sinai, alla fine del mese di Ramadan. Conosco a memoria la storia di Giuseppe che venne con suo padre e i suoi fratelli in Egitto per diventarne il primo ministro, e ho l’impressione che in questo racconto ci sia una dimensione storica e religiosa che non è conosciuta da coloro che trattano il problema nel campo arabo. Non mi sono mai preparato a fare la pace con Israele perché non mi sono mai preparato a diventare Presidente. Mi sono spesso chiesto come avrei potuto dare al presidente dell’Egitto un aiuto in questo campo sapendo che non molti conoscono la dimensione storica e religiosa del problema. Quando dico che la cosa è stata esagerata è perché mi riferisco all’idea di base che ho espresso alla Knesset e che è questa: date ai palestinesi una terra (home-land) come voi avete avuto una terra».

Lei signor presidente, è uno degli uomini a cui è stato dato, come a Washington, a Nehru, a De Gaulle e a Churchill di cambiare il corso della storia. Come desidera che essa ed il suo popolo la ricordi? Come un patriota, come un soldato, come un uomo di Stato o come un uomo di Dio?

«Come un uomo di Dio, che include tutto il resto».

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