Cameron sfida la stampa: vuole una legge per regolarla

Troppi scandali, il Parlamento vuol istituire un "guardiano". Ma, nella patria degli scoop, i media si ribellano. Accuse al premier, troppo vicino allo "Squalo"

Il primo ministro inglese David Cameron
Il primo ministro inglese David Cameron

Londra - È scontro in Inghilterra tra le tre principali forze politiche del Paese sulla nuova regolamentazione della stampa. Dopo tre mesi di consultazioni serrate con i rappresentanti dei media la questione è approdata in Parlamento ieri pomeriggio. A richiederla con urgenza lo stesso premier David Cameron che soltanto la notte prima era riuscito ad evitare la frattura definitiva con i liberaldemocratici che in materia si sono sempre sempre schierati a fianco delle «vittime» della cattiva stampa assieme ai laburisti. Una brutta gatta da pelare per il leader conservatore il cui partito è da tempo in difficoltà. Le prossime elezioni si avvicinano e i Tories non possono certo permettersi di perdere l'appoggio di metà della coalizione di governo.
Cameron ha procrastinato la discussione sull'autoregolamentazione della stampa fino a quando ha potuto, ma dopo più di un anno l'eco dello scandalo delle intercettazioni illegali che hanno condotto alla chiusura del settimanale News of the World risuona ancora nei corridoi della Camera dei Comuni. Non foss'altro per il fatto che i giornalisti di News Corporation, il gruppo che fa capo a Rupert Murdoch, continuano a venir arrestati, indagati, condannati. È di ieri la notizia che anche il Wall Street Journal risulta indagato per delle mazzette pagate in Cina. Quando il caso era scoppiato Cameron aveva assicurato alle migliaia di vittime delle intercettazioni che avrebbero avuto giustizia e che le regole sulla libertà di stampa sarebbero state riviste. Nei mesi seguenti però il leader conservatore era stato più volte additato come «troppo vicino al gruppo Murdoch» per quelle sue imbarazzanti relazioni con alcuni dirigenti di News of the World. Uno di loro, Andy Coulson, se l'era perfino scelto come direttore della Comunicazione. Alla delfina di Murdoch, Rebekah Brooks, aveva anche regalato un cavallo. Entrambi sono accusati di aver ordinato le intercettazioni e di aver cospirato per deviare il corso della giustizia. Non sorprende quindi che la tenace opposizione di Cameron ad approvare una nuova regolamentazione indipendente puntellata da una legge parlamentare abbia trovato un fermo ostacolo nei laburisti e negli stessi liberaldemocratici.
Perché soprattutto qui sta il nodo della questione. La Gran Bretagna vanta una delle regolamentazioni più antiche e più libere del mondo e i suoi giornalisti si sono sempre ritenuti, a torto o a ragione, liberi di bacchettare chiunque, si trattasse della Regina o del Primo Ministro di turno. Chi si ritiene calunniato o offeso può reagire legalmente, ma è molto raro che i politici lo facciano. Lo scandalo Murdoch, che ha evidenziato il comportamento illegale e inappropriato di un intero gruppo editoriale e poi in seguito anche di altri tabloid, ha reso più facile la proposta di alcuni partiti secondo i quali i media andrebbero in qualche modo controllati dalla politica.
In che modo ancora non è chiaro, ieri nell'acceso dibattito alla Camera le argomentazioni sono rimaste generiche, ma all'orizzonte si profila una svolta che potrebbe avere ripercussioni fortissime anche nel panorama internazionale dell'informazione.

I giornali fanno muro per difendere la propria libertà ricordando peraltro che le intercettazioni fatte da News of the World sarebbero state un reato a prescindere da qualsiasi tipo di autoregolamentazione. Un paradosso, spiegano gli editorialisti delle più autorevoli testate, che ha consentito a chi voleva tappare la bocca ai giornalisti di farsi avanti cavalcando l'indignazione popolare.

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