Roma - C'è un giudice in Brasile: si chiama Tomaz De Aquino Resende (nella foto a destra) e in questi giorni è a Rimini. È un magistrato dello Stato de Minas, non un parruccone della Corte suprema. Ma lui è solito parlar chiaro e, sul caso Battisti (nel tondo), non si è smentito. Gli hanno domandato cosa pensasse del tristemente noto Cesare, terrorista di Cisterna di Latina, condannato in contumacia all'ergastolo con sentenze passate in giudicato, per aver commesso quattro omicidi durante gli anni di piombo. Gli hanno chiesto un parere su quella sentenza del Supremo Tribunal Federal brasiliano che ha confermato la decisione dell'ex presidente Lula di non estradare Battisti e ha votato a favore della sua liberazione. E lui non s'è tirato indietro: «Quella su Battisti è una sentenza federale e io sono un magistrato di uno Stato periferico - ha detto De Aquino al Meeting -; ma posso dire che si è trattato di un problema di ordine politico. È una cosa che ci ha fatto vergognare, molto di più di quanto abbia fatto vergognare i nostri politici». S'è vergognata la toga verdeoro, perché il suo Paese ha impedito che un pluriomicida pagasse quanto doveva. La vergogna: sentimento estraneo all'ex militante dei Proletari armati per il comunismo che proprio dal Brasile, libero come un uccellino, prosegue a sbeffeggiare i familiari delle sue vittime. Sì perché Battisti, un tempo lesto con la P38, ora è veloce con le provocazioni. L'ultima è di qualche settimana fa quando a un giudice federale brasilero, Alexandre Vidigal, è saltato in mente di andare a vedere dove fosse l'ergastolano a piede libero. Silenzio al campanello di casa. Battisti non c'era. La notizia è «montata» come la panna e persino in Brasile hanno arricciato il naso. Articoli per raccontare la vicenda con un particolare: se entro cinque giorni l'ex terrorista non avesse fatto un fischio, avrebbe rischiato l'estradizione. «Italia? Pagare? Galera? Sia mai». Battisti s'è appalesato: «Sono a Rio. Cos'è tutto questo clamore? Chiarirà il mio avvocato». Gioca col fuoco, l'estremista dal ghigno facile e dall'eterne provocazioni impunite.
Come quando, lo scorso febbraio, ha voluto far sapere che sarebbe andato al carnevale di Rio, nella baraonda di coriandoli e samba, probabilmente a sfilare su un carro. Mentre una sua vittima, Alberto Torregiani, a causa sua è da 33 anni che sfila su una carrozzina. Gambizzato. Oppure quando, appena guadagnata la totale libertà di scorrazzare a Capocabana, Battisti ha testualmente detto: «Spero che si riesca a voltare la pagina degli anni Settanta e che tutto possa essere risolto in modo diverso, senza vendette tardive». Sì, insomma: uno spara, ferisce, ammazza, fugge, evade, non paga il conto e se qualcuno chiede giustizia beh, no, sono passati così tanti anni... Sarebbe vendetta. Ma Battisti è così: irritante come il peperoncino negli occhi.
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