L'«impreparazione» della Francia. L'«isolamento» della Francia. La mai sopita voglia di menare le mani da parte dell'Esercito e la vocazione neo colonialista di una parte del Paese a fare «i mercenari», stavolta per conto dell'Europa. Per non dire degli sfottò rimediati dal presidente François Hollande che nel volgere di una notte ha smesso i panni scialbi del ragioniere della politica per assumere quelli di un improbabile Rambo al calvados.
Dopo il blitz delle forze speciali algerine che ha messo la parola fine ai quattro giorni di terrore nel campo di estrazione del gas di In Amenas, si moltiplicano le crepe, i distinguo, le prese di distanza, le polemiche tra le forze politiche che all'inizio, quando «i ragazzi» erano scesi sul terreno, avevano mostrato il volto compatto e l'unanimismo delle grandi occasioni storiche, quando sono le sorti della Patria, quella di tutti, ad essere in pericolo.
È quel sospetto di neocolonialismo che è rimasto a galleggiare nell'aria, la malcelata soddisfazione delle Forze Armate di essere tornati dopo decenni -dopo l'Indocina, dopo l'Algeria- sulla ribalta militare ad aver creato una serie di polemiche e di divisioni che nei giorni prossimi - quando il bilancio delle vittime salirà rispetto alle stime di queste ore - diventeranno più aspre.
François Fillon, Jean-François Copé, Pierre Lellouche. Sono le figure più rappresentative dell'Ump, l'«Unione per un movimento popolare», i neogollisti, i liberali e i democristiani ad aprire il fuoco di sbarramento contro l'eccessiva disinvoltura mostrata da Hollande sul «dossier Mali». E mentre Copé lamenta l'isolamento della Francia, che pure ha agito con il consenso della comunità internazionale, il ministro per gli Affari europei, Lellouche, lamenta la «solitudine» francese invocando la necessità di una coalizione capace di condurre una guerra che minaccia di essere lunga e dura. «Questa vocazione a fare i mercenari d'Europa, pagando in termini di sangue e di denaro è piuttosto preoccupante- ha sottolineato Lellouche-. Soprattutto quando si pensa che si sta difendendo la sicurezza di tutto il continente contro il terrorismo».
C'è chi invoca il sostegno «politico e militare» dell'Unione europea, come Jean-Louis Borloo, presidente dell'Unione dei democratici e indipendenti; e c'è chi, come l'ex ministro degli Affari esteri Alain Juppé mette in guardia contro i pericoli derivanti dal coinvolgimento delle truppe di terra: «Una spirale che non sarà facile fermare». «Bisognava fornire solo un appoggio logistico, senza farsi coinvolgere nelle vecchie logiche francafricane», lamenta il deputato dell'Ump Axel Poniatowski. All'Eliseo, naturalmente, fanno spallucce. «Criticano per far vedere che esistono, che sono vivi. Tre giorni fa erano tutti d'accordo. Ora cercano di sfilarsi. È un piccolo calcolo politico che non fa onore all'opposizione», dicono i più stretti collaboratori del presidente. «Stando ai sondaggi, 6 francesi su 10 sono con Hollande e approvano l'interventto», dice un consigliere di Stato.
Sul terreno, mentre le forze militari francesi avanzano verso il nord, si tenta un primo bilancio degli scontri. Secondo il governo di Algeri sono 32 i terroristi uccisi e 25 gli i corpi di ostaggi trovati morti dopo la fine del blitz, mentre l'emiro Moctar Belmoctar ha rivendicato in un video la responsabilità di Al Qaida e ha detto di essere pronto «a negoziare con l'Algeria e l'Occidente a condizione che cessi la guerra in Mali». Ma il fronte più delicato, capace di rimettere in discussione l'essenza dell'intervento francese in Mali, si sta aprendo a Parigi. È un'occasione d'oro per i gollisti. Sentire Laurent Wauquiez, vice presidente dell'Ump, per credere: «Al di là di un sostegno di facciata dell'Inghilterra e degli Stati Uniti, in Mali siamo soli.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.