Da una parte c'è chi tifa per la Francia - tra le voci più conservatrici negli Stati Uniti, nei corridoi della politica israeliana, nelle scettiche corti dei potentati del Golfo - per aver bloccato, per ora, un accordo tra i governi occidentali e l'Iran sul programma nucleare di Teheran. C'è anche chi, sia su una sponda sia sull'altra dell'Atlantico, critica con vigore «l'intransigenza» di Parigi, come ostacolo a una via diplomatica per lungo tempo ostruita e da poco ritrovata.
Per il quotidiano francese Le Figaro, le posizioni della Francia, e soprattutto del suo ministro degli Esteri Laurent Fabius, hanno sollevato i rimproveri di alcuni tra i negoziatori occidentali presenti sabato a Ginevra, dove si sono tenuti i colloqui del 5+1 (i cinque membri del Consiglio di Sicurezza più la Germania) con la controparte iraniana. Arrivati sabato notte a uno stallo, originato proprio dalla più dura posizione francese, riprenderanno il 20 novembre. Un diplomatico occidentale avrebbe detto ai giornalisti al lato dei colloqui che «americani, Unione Europea e iraniani hanno lavorato intensamente per mesi a questa proposta e (il fallimento dell'accordo) non è altro che un tentativo tardivo di Fabius di darsi importanza». Simili e pungenti le parole dell'ex capo della diplomazia europea, lo spagnolo Javier Solana, che su Twitter ha scritto: «Sorprendente Francia. Ogni momento è buono per risollevare brevemente la testa».
La posizione da «falco» sul nucleare iraniano di Parigi e soprattutto di Fabius (simile a quella dell'ex presidente Nicolas Sarkozy) non è in realtà una novità. Lo stesso ministro degli Esteri iraniano e negoziatore a Ginevra, Javad Zarif, in una recente intervista al quotidiano Le Monde ha ammesso: «Abbiamo visto giorni migliori con la Francia». A settembre, è stato proprio Fabius a sollevare dubbi su un incontro - poi avvenuto - a lato dei lavori dell'Assemblea generale dell'Onu tra i presidenti François Hollande e Hassan Rouhani.
A bloccare l'accordo ci sarebbero due punti: la Francia chiede all'Iran di arrestare ora, durante i negoziati, la costruzione in corso del reattore di Arak, a sud-est di Teheran. L'installazione dovrebbe essere pronta prima dell'estate e produrre plutonio utilizzabile per ordigni atomici. Fabius insiste anche sulle sorti dell'uranio arricchito al 20% - utilizzato per creare combustibile nucleare - che vuole non sia più accessibile agli scienziati iraniani fin da subito.
Giornali e televisioni iraniani hanno immediatamente criticato la Francia e il suo ministro degli Esteri, accusandoli di prendere le parti d'Israele, contrario a un accordo debole.
La Francia «teme» che l'Amministrazione Obama si stia disimpegnando progressivamente dal Medio Oriente e che nella fretta di ridurre la propria presa sulla regione possa accettare un «accordo pericoloso», scrive il sito del Nouvel Observateur analizzando le ragioni dell'intransigenza di Parigi.
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