La volta scorsa si era fatto toccare i capelli da un ragazzino di colore al quale era venuta voglia di sapere se i capelli del presidente «sembravano» come i suoi, o lo erano davvero:e cioè un po’ crespi e duretti, al tatto. Stavolta, visto che quella foto di lui piegato a novanta gradi davanti a quel ragazzino in camicia bianca e cravatta aveva fatto il giro del mondo, guadagnandogli un sacco di punti al capitolo simpatia, il signor presidente ci ha riprovato. Lo ha fatto apposta per titillare un elettorato un po’ freddino nei suoi confronti, rivolgendosi ai padri e alle madri d’America?O gli viene proprio naturale, e dunque bisognerà proprio rassegnarsi all’idea che Barack è davvero il migliore dei presidenti possibili: è insomma uno simpatico, alla mano; uno al quale viene davvero voglia di affidare il proprio futuro e quello della propria famiglia?
Il fatto eccolo qua. Accade che un ragazzino di quinta elementare, Tyler Sullivan, 11 anni, un bel mattino si presenta a scuola con una «giustifica» che spiega la sua assenza dalle lezioni del giorno prima. Niente «motivi di salute», stavolta.
E neppure una delle altre melense, false scuse con cui i genitori a corto di fantasia se la cavano per spiegare l’assenza del figlio o della figlia dalle lezioni. Stavolta, di fronte al maestro, il signor Ackermann, Tyler recita una scena che gli resterà impressa per tutta la vita. In mano, stavolta, il ragazzino non ha il solito libretto delle assenze. Tyler impugna un foglio su cui, con un pennarello nero, figurano queste parole: «Mr. Ackermann, please excuse Tyler... He was with me!», Signor Ackermann, la prego di scusare Tyler. Era con me! Segue scarabocchio. Ma quello scarabocchio, in America, lo conoscono tutti.
Non ci sarebbe stato neppure bisogno della carta intestata del signor presidente degli Stati Uniti, con l’aquila che impugna le frecce e il ramo d’alloro, le stelline e i colori rosso e blu della bandiera. Ma poiché c'è anche quella, diventa impossibile dubitare.
Il maestro cerca a tentoni la sedia dietro le spalle, riguarda la giustificazione e poi Tyler, che sprizza orgoglio da tutti i pori. E insomma, sembra impossibile ma è proprio vero. Il presidente in persona che firma la giustificazione a Tyler! Diavolo di un bambino. «Ma come hai fatto? Come è successo?' balbetta il maestro, raggiante e allarmato allo stesso tempo.
E Tyler racconta. È stato venerdì, l’altro ieri. La scena è un sobborgo di Minneapolis, la città più importante del Minnesota. Tyler è andato col padre allo stabilimento della Honeywell per ascoltare il discorso di Obama.
Il presidente era stato in una delle-Twin Cities per parlare della creazione di posti di lavoro alla Honeywell, azienda che tra le sue priorità ha messo l’assunzione di veterani delle guerre in Afghanistan e Irak. Il siparietto che ne è seguito è proprio come ora lo racconta, fiero di tanto allievo, il maestro Ackermann. «Sbaglio, o hai saltato la scuola?», fa Obama. E lui: «Già. Ma non capita tutti i giorni di stringere la mano al presidente». «E ora come la raccontiamo al tuo maestro?», scherza Obama. «Be’, ci vorrà una giustifica, mi sa» mormora Tyler guardandosi le scarpe. «Ho un’idea», si risolve Obama aprendosi in un sorriso. «Facciamo uno scherzo al tuo maestro. La giustifica te la faccio io. Chissà che faccia faranno, a scuola... » Detto, fatto.
I cronisti che seguono il presidente e ne tramandano le gesta ricordano che il copione ha avuto un precedente nel 2009, quando Kennedy Corpus, un alunno di quarta elementare, saltò il suo ultimo giorno di
scuola per assistere ad un incontro in Wisconsin nel quale il padre era stato scelto per fare una domanda al presidente. Anche lì, grande successo di pubblico e articoli sui giornali che si stampano anche oltre Atlantico...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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