Ieri Obama e gli Europei finalmente si sono domandati con la dovuta serietà «che cosa ne abbiamo fatto della Nato». Con un discorso assertivo, pieno di minacce di isolamento per la Russia Obama ha detto: «Siamo preoccupati per la riduzione della spesa per la difesa... l'Ucraina ci ricorda che la libertà non è gratis, e che dobbiamo pagare per avere una forza Nato credibile e deterrente».
Quando la settimana scorsa il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen aveva visitato Washington, aveva già lanciato l'allarme: «Vedo la Crimea come un elemento in un disegno più grande della strategia russa» ovvero, ha spiegato, la annessione russa della Crimea è una «sveglia» cui deve seguire la crescita degli investimenti europei per la difesa. Più chiaro ancora è stato Andrew Michta, direttore dell'ufficio di Varsavia del German Marshall Fund Americano: «Se gli europei non vogliono contribuire nel sostenere il peso (della Nato) probabilmente non sarà neppure possibile parlare di Nato nei prossimi anni».
Adesso, anche se Obama odia le armi, pure è chiaro che bisogna essere forti per spaventare il nemico e indurlo a stare tranquillo. Così dopo un G7 senza la Russia, improvvisato per dimostrare che l'Occidente sa trovare risposte diplomatiche ed economiche, ieri si è parlato di deterrenza. Ormai la Crimea sembra perduta, ma come rispondere a un'ulteriore espansione delle mire panrusse? Dovrebbe esser la Nato a bloccarle, e oggi non sarebbe in grado. Forse nell'orizzonte di Putin balenano l'Ucraina, la Moldavia, l'Ossezia, la Transnistria, l'Abkhazia e Putin non ha orrore di parole come «soldati» e «combattenti» e neanche di «nazione», «identità» e i suoi sentimenti verso la democrazia liberale sembrano scettici.
Invece da noi «parole come soldati e combattenti, che prima avevano un significato positivo, sono diventate quasi disgustose», scriveva Norman Podhorez, padre dei Neoconservatori già nel 1977 denunciando la somiglianza fra l'America di Jimmy Carter e e l'Inghilterra di Neville Chamberlain. Poi l'America della guerra al terrorismo ha intrapreso le sue campagne, ma l'Europa, mentre si preparava l'era Obama che l'avrebbe spinta sulla strada dell'appeasement, procedeva comunque nel disarmo Nato. Il nostro è un continente bruciato dalla Seconda Guerra mondiale, teso a superare lo spirito nazionale, l'identità religiosa, etnica e culturale. E poi, si è finalmente incontrato con Obama.
La Nato negli ultimi anni è stata confusa dalla guerra in Afghanistan, una guerra senza soddisfazioni, lontana, costosa, e lo scetticismo europeo si è trasformato, spinto dalla crisi, in avarizia. Su 28 membri, solo gli Usa, l'Inghilterra, la Grecia e l'Estonia hanno speso almeno il 2 per cento del loro Pil per la difesa, come previsto dal trattato. La Francia è caduta all'1,9; la Germania all'1,3; l'Italia all'1,2.
Gli Usa di fatto coprono il 72 per cento di tutte le spese, ma anche loro sono sulla strada della riduzione, checché oggi Obama chieda all'Europa. La Germania l'anno scorso ha annunciato un taglio delle sue truppe a 180mila da 545mila uomini, i francesi si sono ridotti a 213mila da 548mila nel 1990. Invece Putin ha aumentato del 79 per cento le spese per la difesa nell'ultimo decennio.
Il Pentagono ha deciso il ritiro di intere divisioni. Ma tutto questo appartiene alla favola della fine dei conflitti, al tramonto della guerra fredda, all'avvento di un'era il cui sole ancora non è sorto.
Per calmare la tensione degli alleati esteuropei la settimana scorsa, ha scritto il Bloomberg View, gli USA hanno mandato in Polonia e nelle regioni baltiche degli aerei da combattimento, e hanno dispiegato in Germania un battaglione di carri armati. Ma non basta: la Nato deve ritrovare la forza della deterrenza, e questo significa pesanti investimenti per un continente in piena crisi di nervi.
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