Delitto di Afragola. "L'ho uccisa io con un sasso in testa"

Alessio Tucci, 19 anni, confessa il delitto della 14enne Martina Carbonaro: arrestato

Delitto di Afragola. "L'ho uccisa io con un sasso in testa"
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Colpita alla testa con un sasso. Quando Martina Carbonaro, 14 anni, cade a terra agonizzante l'assassino si accanisce su di lei finendola. Poi nasconde il cadavere sotto un armadio, lo ricopre di calcinacci, spegne il cellulare della vittima e torna a casa. Come se niente fosse. E partecipa persino alle ricerche con i genitori della ragazzina.

L'ha uccisa così, Alessio Tucci, 19 anni da compiere, l'ex fidanzatina «colpevole» di averlo lasciato e di non volerlo rivedere più. La confessione davanti al pm e agli investigatori che hanno chiuso le indagini in un lampo. Poche ore per i carabinieri di Afragola e del nucleo investigativo di Castello di Cisterna per risolvere un caso terribile. A inchiodare Tucci la testimonianza di un'amica della vittima, Anna Iazzetta, e le telecamere della cittadina. Tucci, davanti alle immagini di lui e di Martina all'ingresso dell'ex stadio Moccia, crolla. Aveva giurato di aver lasciato Martina in centro, dopo una chiacchierata in gelateria, e di essersi avviato, solo, verso casa. Un alibi demolito dai fotogrammi di loro due che entrano nella vecchia casa del custode, dove si appartavano di solito.

Un incontro chiarificatore: Alessio sperava che Martina, vedendo le loro scritte lasciate sui muri, potesse ripensarci e ricominciare la relazione. «Non ci ho visto più. Mi è salita la rabbia, ho preso una pietra e l'ho colpita» racconta al pm Alberto Della Valle della Procura di Napoli Nord. A ricostruire l'ennesimo femminicidio i carabinieri del comando provinciale di Napoli. Lunedì pomeriggio. Martina si vede con Anna. Arriva anche Alessio. Con lui poi si allontana dalla yogurteria di corso Garibaldi per parlare. Anna spiega che si sarebbero diretti verso lo stadio in disuso. Le telecamere confermano: i due sono insieme quando entrano nei locali abbandonati. L'allarme per il mancato rientro della ragazza scatta martedì mattina con la denuncia della scomparsa. «Martina mi aveva detto - metterà a verbale la donna, Fiorenza Cossentino - che sarebbe tornata per le 20,30». L'ultimo segnale del suo cellulare i carabinieri lo rilevano alle 21,07, la cella è nella zona dell'ex stadio. Un'area vasta, piena di anfratti, tanto che i militari la setacciano con droni e cani molecolari. Arrivano alla stanza dov'è sepolto il cadavere. Trovano gli occhiali che l'amica, Anna, riconosce come quelli della ragazza. E un masso insanguinato. Ma Martina non si trova. Gli esperti della scientifica non mollano e, seguendo le tracce ematiche, arrivano a un cumulo di spazzatura. Sotto le macerie, un mobile. Ancora più sotto il corpo della 14enne. Morta intorno alle 21, secondo il medico legale, quando il suo telefono emette l'ultimo segnale. Di fronte all'evidenza Tucci non può far altro che confessare.

«Ho cancellato le chat con Martina e gettato i vestiti sporchi di sangue - racconta durante l'interrogatorio - Dopo averla ammazzata ho spento il suo

telefono e l'ho nascosto in un'intercapedine». «Una spiccata personalità trasgressiva e incontenibile» si legge sul decreto di fermo. Le accuse per Tucci sono di omicidio volontario pluriaggravato e occultamento di cadavere.

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