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Londra chiusa per sciopero. Altri due giorni senza metro

Forti disagi per 3,5 milioni di utenti, pendolari invitati a organizzarsi. Migliaia di persone hanno chiesto ospitalità ad amici o di lavorare da casa 

Londra chiusa per sciopero. Altri due giorni senza metro

Londra - La «Tube» londinese chiude nuovamente per sciopero. Le ultime trattative sindacali di domenica hanno avuto esito fallimentare e da ieri sera alle 21.30 è iniziato il primo dei due giorni di sciopero programmati dai lavoratori della metropolitana che rischia di mettere ancora una volta in ginocchio la capitale come è già accaduto lo scorso febbraio. Ogni giorno tre milioni e mezzo di cittadini affollano le 270 stazioni della metro per andare al lavoro e l'azione di protesta messa in atto dai lavoratori contro ilpiano di ristrutturazione previsto nei prossimi anni aveva ottenuto una partecipazione altissima. Il 70% delle corse erano state annullate, dove le linee continuano ad operare le stazioni erano sovraccariche e all'esterno, un po' ovunque si potevano osservare code infinite di persone in attesa dell'autobus o alla disperata ricerca di un taxi. La presenza sul lavoro in quei giorni era fortemente diminuita dato che in molti avevano preferito o erano stati costretti a rimanere a casa. E quei disagi rischiano di ripetersi oggi fino a mercoledì sera alle 21 quando le corse torneranno alla normalità.

Sebbene le autorità dei Servizi per i Transporti di Londra si stiano impegnando per mantenere operative più linee possibili, i pendolari ieri erano già stati invitati a optare per un piano B e a utilizzare dei servizi alternativi. Molti hanno deciso di fermarsi a dormire da un amico oppure di lavorare a casa e dove questo sia possibile di recarsi al lavoro a piedi o in bicicletta. Almeno il tempo finora non è stato inclemente come a febbraio quando violenti temporali e precipitazioni peggiorarono la situazione già estremamente difficile. Anche se il caos dovrebbe rivelarsi minore rispetto a qualche mese fa perché uno dei sindacati indipendenti non prende parte alla protesta, la maggior parte delle linee subiranno una drastica riduzione delle corse e alcune stazioni verranno chiuse. Tra queste sicuramente le stazioni delle due linee più frequentate, la Piccadilly e la Central i cui treni attraversano il cuore della città. Particolari disagi sono inoltre previsti per i passeggeri in partenza dall'aeroporto di Heathrow poiché il sindacato ha indetto uno sciopero separato del treno espresso che porta alla sede aeroportuale. Per tamponare il caos sono stati rafforzati i servizi di autobus e di battelli fluviali, ma si prevedono ore di attesa per i coraggiosi che decideranno di servirsene. Dipendenti della metro dovrebbero comunque essere presenti nelle stazioni per aiutare i passeggeri con indicazioni, informazioni e suggerimenti.

Altra nota dolente, la Congestion Charge, vale a dire le dieci sterline giornaliere necessarie ad entrare con l'auto nel centro cittadino rimane operativa anche in questi giorni poiché il sindaco di concerto con i vertici della metro vuole evitare il rischio che la città venga invasa da milioni di automobilisti alla disperazione. A motivare lo sciopero, che si ripeterà per altri due giorni fra due settimane a meno che sindacati e azienda non trovino un accordo, è la chiusura degli uffici di biglietteria previsti alla ristrutturazione. Una chiusura che porterebbe un risparmio di milioni di sterline ma anche un taglio di 960 posti di lavoro. Per ora, tra sindacati e vertici aziendali è muro contro muro. Ieri il manager della Tube Mike Brown, ha dichiarato che i sindacati «si oppongono implacabilmente ad ogni tentativo di modernizzazione della struttura» assicurando ancora una volta che la chiusura delle biglietterie non comporterebbe licenziamenti né prepensionamenti obbligatori.

«Nulla di quanto proposto da London Underground ha a che fare con la modernizzazione - ha ribattuto il segretario generale del sindacato Mick Cash - ma solo col piano di austerity e di tagli voluto da mister Cameron e sostenuto dal sindaco Boris Johnson».

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