Il governo indiano potrebbe stracciare il contratto per gli elicotteri italiani dell'Agusta Westland e i marò sono sempre in attesa di processo a Delhi. Due pugni nello stomaco dell'Italia con l'aggravante che in India è già iniziata un'infuocata campagna elettorale. E il leader nazionalista dell'opposizione torna a cavalcare la vicenda dei nostri fucilieri di Marina.
Nelle ultime ore è tornato d'attualità il contratto di 560 milioni di euro per 12 elicotteri Agusta, società del gruppo Finmeccanica, che dovevano venir venduti al ministero della Difesa indiana.
In fiumi di articoli gli specialisti dei «complotti» hanno sempre sostenuto strane e oscure connessioni con la vicenda dei marò, che al riscontro dei fatti e dei tempi dell'appalto non risultavano fondate. La tesi che andava per la maggiore era la svendita della pelle dei marò, in cambio dei 12 elicotteri. Altre ipotesi parlavano di innominabili «scambi» di favori sull'inchiesta per corruzione relativa all'appalto e quella su Latorre e Girone accusati di aver ucciso due pescatori indiani scambiati per pirati.
Ieri i rappresentanti di Agusta si sono recati al ministero della Difesa indiano. Il giorno prima la stampa di Delhi aveva dato per spacciato il contratto. In realtà il governo di Delhi deciderà cosa fare il 26 novembre, dopo aver ricevuto ulteriori risposte scritte dalla società sulle accuse di aver pagato tangenti. Agusta Westland ha annunciato di aver designato un ex giudice, B.N. Srikrishna, per l'arbitrato previsto dal contratto. L'alto magistrato è stato presidente dell'Alta corte del Kerala, dove è iniziata l'odissea dei marò.
Gli esperti di dietrologia troveranno chissà quali connessioni, ma la verità è che l'Italia risulta fregata, da tempo, sul caso marò e pure sulla vendita degli elicotteri fortemente a rischio. Lo scandaloso do ut des teorizzato dai complottisti, se fosse vero, si starebbe rivelando un sonoro bidone sia per i fucilieri di Marina, bloccati a Delhi, che per la possibile perdita economica di un contratto da mezzo miliardo di euro.
L'inviato speciale del governo italiano, Staffan De Mistura, è a Delhi per l'ennesima missione, ma non si sbilancia sui tempi di chiusura dell'indagine della polizia anti terrorismo. Si spera in un mese, praticamente sotto Natale e si teme un capo d'accusa pesante, che poi potrebbe venir smontato in aula.
Avanti di questo passo il processo della corte speciale rischia di iniziare il prossimo anno nel pieno della campagna elettorale, già cominciata, per le elezioni nazionali in primavera. Il blocco dell'opposizione guidato dal partito nazionalista indù e dal suo discusso candidato, Narendra Modi, ha rispolverato il caso marò. Nel mirino c'è il partito del Congresso, che rischia di perdere le elezioni, guidato da Sonia Ghandi di origine italiana. Modi l'accusa di avere un occhio di riguardo sulla vicenda dei fucilieri di Marina.
Il risultato è che gli indiani si muovono con i piedi di piombo sul lato giudiziario e i marò potrebbero diventare di nuovo dei capri espiatori della politica locale, che per motivi di propaganda elettorale agiterà la richiesta di una pena esemplare.
Per risollevare l'attenzione dell'Italia sullo spinoso caso i familiari di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone hanno indetto la manifestazione, «Tutti insieme per i marò», sabato prossimo nella capitale. «Non è una marcia su Roma, ma semplicemente una marcia per le vie di Roma con l'obiettivo di dimostrare tutti insieme la solidarietà degli italiani» hanno spiegato i familiari. Alle 15 il corteo partirà da piazza Bocca della Verità. Nessun incontro con esponenti del governo e sono vietati simboli o bandiere di partito.
Le associazioni combattentistiche degli alpini, bersaglieri, paracadutisti e dei «Leoni del San Marco» hanno aderito al corteo. La compagna di Latorre, Paola Moschetti, spera che «tutto si risolva il prima possibile, ma neppure pensiamo al Natale. L'importante è che i marò tornino a casa con onore».www.faustobiloslavo.eu
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