Marò, è il giorno del giudizio E la Bonino minaccia l'India

Marò, è il giorno del giudizio E la Bonino minaccia l'India

L'Italia rialza la testa. Finalmente. Il ministro degli Esteri Emma Bonino sembra essersi svegliata dal volontario letargo e ha assunto una netta posizione sull'odissea dei nostri marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, prigionieri in India ormai da due anni.
Alla vigilia dell'udienza della corte suprema di New Delhi, che deciderà il destino giudiziario dei nostri fucilieri di Marina, la Bonino ha lanciato un chiaro messaggio all'India: «Se venissero confermate le indiscrezioni di questi giorni (cioè che Latorre e Girone saranno processati per terrorismo) si creerebbe una situazione inaccettabile: i nostri marò non sono terroristi, né è terrorista lo Stato italiano». Il capo della diplomazia italiana non ritiene sufficiente che sia stata esclusa la possibilità di una condanna a morte per omicidio, come prevede la Sua Act, la legge contro terrorismo e pirateria che l'India intende applicare. La retromarcia di New Delhi sulla richiesta della pena capitale, infatti, non include la rinuncia ad accusare di terrorismo i nostri militari, che sarebbero imputati di violenze invece che di omicidio, con una possibile condanna a dieci anni di carcere. Ma l'applicazione della legge anti pirateria ha degli effetti collaterali indigeribili per il nostro Paese. Perché? Semplice: i marò partecipavano a una missione per conto dello Stato italiano, se la giustizia indiana volesse follemente accusarli di azioni terroristiche, significherebbe che anche l'Italia è uno Stato terrorista. Sulla questione la Bonino è stata chiara: non basta che sia stata esclusa la condanna a morte, «questo dev'essere scontato. Ma lo Stato italiano non può accettare di essere considerato terrorista».
Il ministro degli Esteri, ai microfoni della Rai, non ha nascosto che l'Italia è pronta a reagire e non accetterà neppure un ennesimo rinvio della corte suprema indiana. Sono trascorsi due anni, infatti, dal giorno in cui Latorre e Girone, in missione anti pirateria a bordo della nave Enrica Lexie, furono coinvolti nella morte di due pescatori indiani scambiati per pirati. «È anche inaccettabile che dopo due anni non ci sia ancora un capo di imputazione. Getta un po' tutti nello sconcerto, anche i nostri alleati». A partire da stamattina, perciò, «tutte le opzioni sono sul tavolo», avverte la Bonino, facendo capire che l'Italia questa volta non resterà a guardare e che ha «parecchi assi nella manica». Musica per le nostre orecchie e per quelle di tutti gli italiani. Non si tratta solo di riconquistare la dignità nazionale perduta in questa vicenda, ma di far rispettare il diritto, che troppe volte è stato calpestato dall'India.
Ci auguriamo solo che quello della Bonino non sia un bluff, ma la volontà di giocare la partita con tutte le carte del mazzo. Che sono tante, dal ritiro dell'Italia dalle missioni di pace al ricorso a un arbitrato internazionale fino al veto all'accordo di libero scambio tra Unione europea e New Delhi. Non bisogna avere timori.

Certo, l'India tra poco andrà alle urne, e la vicenda dei marò sarà nuovamente strumentalizzata a fini elettorali. E la Bonino ne è consapevole. «Ma il punto è un altro: lo stato di diritto e la legge. Elezioni o no, non devono essere fatte pesare sulle spalle dei marò».

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