Mille pescherecci cinesi invadono le isole contese

Morire per le Senkaku?
Giusto trent'anni fa il mondo scoprì le isole Falkland. E si dovette frugare con pazienza l'atlante per scoprire quelle due «espressioni geografiche» perse laggiù, in fondo all'Oceano Atlantico. Terra buona per leoni marini, foche e pecore. Vi sventolava l'Union Jack di Sua Maestà britannica, c'era la Thatcher, e finì in una guerra lampo, tra il marzo e il giugno dell'82, con l'Argentina, che le rivendicava, e le rivendica, chiamandole Malvinas. Per la cronaca, perse di brutto l'Argentina.
Oggi la storia si ripete per le Senkaku, cinque isole e tre scogli che anche le pecore, che pure sono di bocca buona, sdegnano. Per trovarle dovete guardare a oriente, ma molto a oriente, tra la costa settentrionale di Taiwan e l'isola di Okinawa. Anche sotto il profilo strategico, il loro interesse è assai modesto. Di più: fino a quando non saranno annesse formalmente dal governo di Tokyo, le Senkaku restano isole private, possedute dalla nobile famiglia giapponese dei Kurihara. Ma si sa com'è quando ci si mettono di mezzo faccende come l'orgoglio nazionale, la dignità, l'identità, la fregola irredentista e quella di menare le mani. È così, per le Senkaku, - cinque isole disabitate e tre scogli persi a casa di Dio: un po' di pesce, di gas e di petrolio - che Cina e Giappone rischiano di venire alle mani. Su quegli scogli sventola idealmente la bandiera del Sol Levante. Ma la Cina non ci sta, e giusto ieri sera, per far vedere come la pensano a Pechino, mille pescherecci cinesi si sono affacciati nelle acque di quelle che loro chiamano le isole Diaoyu. L'altro giorno, a far da battistrada, erano stati sei pattugliatori della Marina militare cinese, che giusto per flettere i muscoli si erano avvicinati fino a un miglio e mezzo dalle coste delle Diaoyu, per poi battere in ritirata. Giusto il tempo per far dire al vicecomandante della China marine surveillance che «le attività di pattugliamento hanno dimostrato la giurisdizione della Cina... ai fini della tutela degli interessi marittimi del Paese». Dal canto suo, il portavoce del ministero degli Esteri Hong Lei, secondo quanto riporta l'agenzia di stampa cinese Xinhua, ha chiarito che Pechino è pronta a fornire «servizi» ai pescatori attorno alle isole, che - ha ribadito - sono parte integrante della Cina.
È una faccenda seria. Così seria che alcune grandi multinazionali giapponesi, temendo ritorsioni e manifestazioni suscettibili di virare in assalti sconsiderati (molti negozi gestiti da giapponesi sono già stati attaccati e devastati da turbe di scalmanati che inneggiavano a Mao) hanno temporaneamente chiuso i battenti dei loro stabilimenti in Cina. Parliamo di aziende come Honda, Canon, Panasonic; e la Sony ha invitato i propri dipendenti a evitare viaggi in Cina se non strettamente necessari.
Gli Stati Uniti spingono per una soluzione pacifica e non prendono posizione. Il perché lo ha spiegato il segretario alla Difesa, Leon Panetta, che in una conferenza stampa congiunta col collega giapponese, Satoshi Morimoto, ha ribadito la fedeltà degli Usa agli «obblighi sul trattato di sicurezza» Washington-Tokyo, in forza del quale gli Usa (legati alla Cina da vincoli «d'amicizia») sono tenuti a difendere l'alleato se aggredito. Ma la via da seguire, ha ribadito Panetta, è la «soluzione pacifica».
Il culmine delle manifestazioni di protesta in Cina, nate dopo la diffusione di notizie secondo cui il governo giapponese avrebbe acquistato tre delle isole contese dalla famiglia proprietaria, potrebbe aversi oggi. Corre infatti l'ottantunesimo anniversario dell'attentato (giapponese) alla ferrovia trans-manciuriana: casus belli per l'invasione da parte del Giappone della Cina nord orientale. Una vecchia storia che ai cinesi non è mai andata giù.
Siamo al muro contro muro, dunque. E un incidente potrebbe accendere le polveri in una vicenda che vista dall'Europa risulta alquanto incomprensibile, in effetti. Sia Cina che Giappone, ad ogni buon conto, non intendono fare passi indietro sulla sovranità.

Indipendentemente dalla decisione del governo di acquistare le isole da privati, dice Tokyo, le Senkaku erano e restano territorio giapponese. Fine delle trasmissioni. Il che non è esattamente il linguaggio che si aspettava di sentire Leon Panetta.

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