Il mistero della nave russa scomparsa tra i ghiacci con 700 tonnellate d'oro

Il mistero della nave russa scomparsa tra i ghiacci con 700 tonnellate d'oro

Gli amici della Filibusta non c'entrano. Non ci sono all'orizzonte bandiere nere col teschio e le tibie incrociate, gambe di legno e uncini e guerci con la pezza nera sull'occhio. Nessuno canta la famosa canzone dei «15 uomini sulla cassa del morto». Robert Louis Stevenson è morto alla fine dell'Ottocento; ma l'atmosfera, il fascino, il romanzesco che circonda la storia che state leggendo sono gli stessi che aleggiarono sul destino del «Flor de la Mar», il galeone di Alfonso di Albuquerque colato a picco nel 1512 nello stretto di Malacca. Di sbagliato, di incongruo, nella nostra storia, c'è solo una cosa: la latitudine. Mai visti pirati al di sopra dei 55 gradi di latitudine nord, mari ghiacciati e desolazioni siberiane. Eppure è lì, di fronte a Magadan, nel plumbeo mare di Okhotsk che domenica scorsa è scomparsa la Amurskaya, cargo del gruppo minerario russo Polymetal. A bordo c'erano settecento tonnellate di minerale d'oro proveniente dalla penisola della Kolyma, quella dei gulag staliniani raccontata da Varlam Shalamov. Un tesoro inestimabile che vale il più insondabile dei misteri.
Un SOS ricevuto da una base di controllo nelle isole Shantar, nell'estremo oriente russo, e poi più nulla. C'erano onde alte quattro metri, venti a novanta chilometri orari, dicono dai centri meteo dell'isola di Hokkaido, in Giappone. A bordo, un equipaggio di otto uomini. «Tutti uomini di notevole esperienza», ha fatto sapere l'armatore. Spariti in un amen. Un giallo su cui la magistratura russa ha deciso di indagare a fondo. La domanda che i giudici si pongono è la seguente: perché un carico di minerale così prezioso viene caricato su un piccolo cargo non scortato da un mezzo della Marina militare? Chi sono (chi erano) i membri dell'equipaggio? Che motivo c'era di mollare gli ormeggi quando il barometro segnava tempesta in avvicinamento?
Quattromila chilometri quadrati di mare sono già stati setacciati palmo a palmo. Ieri si è mosso anche l'esercito, mandando un aereo anfibio e un elicottero MI-8. Ma ci sono tuttora condizioni meteo infernali, sono giornate di burrasca continua, acqua e vento gelido e nebbie a banchi, e banchi di ghiaccio alla deriva da far accapponare la pelle al più tosto dei marinai. E nessuno ha voglia di rischiare la vita, oro o non oro. Perché dunque quegli otto dell'Amurskaya accettarono di prendere il mare in quelle condizioni? Che urgenza c'era? E se fosse stato tutto organizzato, come qualcuno comincia a sospettare?
L'Amurskaya era partita da Niran, nell'estremo oriente russo, ed era diretta verso il porto di Okhotsk. Sulle carte nautiche della Marina russa, che recano ancora impresso il simbolo circolare della falce e martello, si studiano le ultime miglia della rotta seguita dal cargo. Una navigazione apparentemente tranquilla, nonostante le condizioni del mare, fino a superare il delta del fiume Kiran. Quindi l'ingresso nel mare di Okhotsk. Subito dopo, l'SOS.
Troppo facile pensare a un improvviso naufragio, come quello del "Flor de la Mar"? Alfonso di Albuquerque, fresco conquistatore di Malacca, sulla penisola malese, aveva caricato quella sua nave ammiraglia con venti tonnellate di statue di elefantini, scimmiette e tigri in oro massiccio, nonché tonnellate di monete, diamanti, rubini. Era il 1512, s'è detto. Il galeone era diretto in Spagna, ma non superò l'isola di Sumatra. A picco, con tutto il suo inestimabile tesoro. Così, domenica scorsa, la Amurskaya. E quelle tonnellate di pietre e polvere d'oro in stiva hanno finito per scatenare visioni fantastiche e scenari da spy story.

Forse, azzarda qualcuno, il cargo è stato assaltato da un commando che ha poi lanciato quell'SOS per depistare le indagini. O forse è stato un ammutinamento. Qualcun altro pensa che l'equipaggio abbia trasferito il carico su un altro cargo, o su un sottomarino, facendo poi affondare la nave.

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