"Non c'è più il pane" La Kirchner traballa come Maria Antonietta

Nell'ex granaio del mondo è finita la farina e i costi lievitano alle stelle. Il suggerimento di Cristina che sa di presa in giro: "Infornatelo a casa"

"Non c'è più il pane" La Kirchner traballa come Maria Antonietta

Manca il pane in Argentina. L'ex granaio del mondo ha finito le scorte. Manca farina, salgono i prezzi, si lamentano i panettieri, si indigna la gente perché va bene tutto, ma il pane che scarseggia sugli scaffali dei supermercati fa paura. Più della mancanza di carne, più degli sbagli della Kirchner che suggerisce: infornatevelo a casa. E sembra una presa in giro.

La campagna lanciata dal governo «pane per tutti» a dieci pesos, circa due dollari al chilo non funziona. Alle dieci di mattina il prezzo è già salito quasi del doppio: 18 pesos. I panettieri dicono di essere costretti all'aumento per non lavorare in perdita, i consumatori fanno fatica. Troppo caro il prezzo della materia prima. «La verità è che il prezzo giusto sarebbe di venti pesos al chilo - dicono i panettieri in protesta- ma perderemmo i clienti e saremmo costretti a chiudere». Diverse le cause, anche se alla base c'è un anno nero per il raccolto del grano. Il peggiore degli ultimi decenni: solo 9 milioni di tonnellate, poche per sfamare tutti. In questi anni lo spazio per il grano è stato occupato dalle coltivazioni dell'«oro verde», la soia che, venduta alla Cina, ha garantito introiti da favola. E ora il Paese paga le conseguenze. Lo aveva già fatto con la carne, il Paese dell'asado messo dieta, costretto a importare mucche dai vicini, dal Brasile, dall'Uruguay, Paraguay. Stesso motivo del grano. I pascoli costretti in spazi sempre più ridotti per le coltivazioni di soia.
«Nel paese delle mandrie e del grano, con Cristina nè la carne nè il pane sono per tutti» si lamenta una deputata, Vilma Ripoll. Il governo cerca di rimediare come può, prima di tutto vietando ai coltivatori di esportare grano e costringendoli a vendere le riserve al Paese. Ma non solo: sul sito ufficiale il governo di Cristina ha pubblicato un consiglio che sa di presa in giro: «Fate il pane in casa per risparmiare, ci sono tante ricette semplici» e con la raccomandazione di non eccedere con il sale.

Traballa Cristina, e questa potrebbe essere davvero la goccia, l'ultima per tanti argentini stanchi di lei. E l'occasione potrebbe essere a ottobre, le legislative. La presidenta già da tempo non gode di grande popolarità come dimostrano le continue proteste di piazza degli ultimi mesi. Riconfermata per un secondo mandato nell'ottobre 2011 con il 54,1 per cento dei voti, Cristina si sente ancora forte come lo era nel 2007. Ma niente nel Paese è più come un tempo: tra la popolazione è cresciuto il malcontento per la stagnazione economica, e l'aumento di disagio sociale ha favorito la criminalità.
Ma c'è di più: per una fetta sempre più grande di argentini, la presidentessa è una despota che trucca i conti. Pronta a tutto, anche cambiare la carta costituzionale, pur di farsi rieleggere nel 2015. Manca poco,Cristina alza continuamente la posta in gioco. Dopo la sua guerra alle multinazionali e agli «invasori stranieri» (dalla nazionalizzazione delle compagnia petrolifera Repsol alla disputa con gli inglesi sulle isole Falkland), ha speso ed è disposta a spendere fiumi di pesos argentini. Bluffando, all'occorrenza, sui conti pubblici e sulla reale salute economica del Paese. La bugia più grossa della Casa Rosada è stata quella - appurata dal Fondo monetario internazionale (Fmi) - dei dati ufficiali sui prezzi dei beni e dei servizi in commercio in Argentina. A detta del governo, il 2012 si è chiuso con l'inflazione pari al 10,8%. Ma, da mesi, gli istituti di ricerca privati e stranieri la indicano attorno al 25%, per alcuni addirittura al 30%: la più alta dell'America Latina. Il Pil nazionale ha subito una brusca contrazione nella sua crescita facendo segnare un +2% nonostante le pesanti iniezioni di liquidità della Banca centrale e i massicci finanziamenti statali.

Intanto Christine Lagarde, potentissima timoniera del Fmi, le ha intimato di correggere le «inesattezze» sugli indici d'inflazione ufficiali, entro la fine del 2013. Un altro nemico che arriva dal ricco e borghese Occidente per Cristina, che si va ad aggiungere agli spagnoli proprietari della Repsol al governo di Londra.

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