L'Internazionale degli Spioni non dorme mai. Ed è ad essa che «The Mole», la talpa, al secolo Edward Snowden, ha fatto infine ricorso per sfuggire all'ira dei «men in black» americani.
Snowden, l'uomo che ha scoperto gli altarini informatici di Washington, mettendo in grande difficoltà perfino il presidente Obama, ha lasciato Hong Kong ed è sbarcato a Mosca nel primo pomeriggio di ieri, accolto da un drappello di funzionari dell'ambasciata venezuelana. Ma quello del Venezuela (via Cuba) si è rivelato un diversivo; l'Ecuador, in realtà (già: che ci faceva l'ambasciatore dell'Ecuador nella sala d'aspetto vip all'aeroporto di Mosca, ieri?); l'Ecuador, si diceva, essendo la vera meta finale del fuggiasco. Lo ha lasciato intendere ieri lo stesso ministro degli Esteri di Quito, Patino, rivelando che Snowden ha chiesto asilo al suo Paese. Sempre che non sia tutta una manfrina, e che la meta finale non sia ancora l'Islanda, come si diceva nei giorni scorsi. Intanto però l'America gli ha annullato il passaporto: quindi, in teoria, non potrebbe andare da nessuna parte.
Eccoci dunque piombati a piè pari all'interno di una sciarada che sembra pensata a Hollywood: piena di colpi di scena, girata in una serie di location perfette, forse solo un po' prevedibili, per quello che si sta rivelando un thriller ad alto contenuto adrenalinico. Berline nere che vanno e vengono a Washington e a Mosca, i cinesi di Hong Kong e di Pechino, con le loro imperscrutabili facce di marmo e le loro sigarette infilate in lunghi bocchini di giada; aeroplani che sfrecciano nei cieli di mezzo mondo - l'Oriente, l'Europa, le due Americhe - ambasciatori scortati da marrazzoni col bottone nell'orecchio e la pistola nella fondina.
E sullo sfondo - oltre naturalmente al prevedibile battaglione di belle femmine, che però nella realtà ancora non si vedono - l'Internazionale degli Spioni capeggiata da Julian Assange, quello di Wikileaks, ricorderete, che guarda caso da oltre un anno vive rifugiato proprio all'ambasciata dell'Ecuador di Londra. Wikileaks, del resto, non fa mistero dell'aiuto dato a Snowden per fargli lasciare in sicurezza Hong Kong e nel trovare asilo politico in un paese democratico. Ma dove? «Per salvare Snowden è necessario un Paese che riesca a resistere agli Stati Uniti - ha detto uno dei legali di Wikileaks- E come ognuno capisce non stiamo parlando di un gran numero di nazioni». Con l'ex analista della Nsa, che gli americani vorrebbero condannare ad almeno 920 anni di carcere per alto tradimento, viaggia Sarah Harrison, giornalista ed esperta legale britannica vicina a Wikileaks.
In scena ieri è entrato anche l'ex stella (ultimamente un po' appannata) della magistratura spagnola, Baltazar Garzon, il che ha fatto nascere il sospetto che un posto in cartellone potrebbe essere riservato, se il thriller dovesse prendere i toni della commedia, anche all'ex numero uno di «Mani Pulite», Tonino Di Pietro. «Il team legale di Wikileaks ed io siamo interessati a che vengano tutelati i diritti del signor Snowden e a proteggerlo come persona. Ciò che si sta facendo al signor Snowden ed al signor Julian Assange, per aver rivelato o consentito la rivelazione di dati di interesse pubblico, è un attacco alle persone», ha dichiarato Garzon in un comunicato.
L'affare s'ingrossa, insomma.
E mentre gli americani schiumano rabbia, i cinesi di Hong Kong puntualizzano che gli Usa erano stati avvertiti in anticipo della partenza della talpa. E tutto questo mentre la petizione online che chiede a Obama di perdonare la talpa ha già superato le 100 mila firme.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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