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A Cipro il giorno dell'ira: "Meglio i russi dell'Ue che ci lascia in mutande"

Scontri con la polizia davanti ai palazzi del potere. Gli slogan: "Altro che Bruxelles, qui ci salvano solo gli oligarchi di Mosca"

A Cipro il giorno dell'ira: "Meglio i russi dell'Ue che ci lascia in mutande"

Nel giorno in cui in Grecia viene portata alla luce la storica tomba di Filippo di Macedonia e di sua moglie Euridice (scoperta nella città di Aiges dall'archeologa Angeliki Kottaridi) a Cipro i cittadini scoprono invece la paura di restare sì nell'euro ma fuori da canoni di vita accettabili. In molti iniziano a sussurrare, non più a bassa voce, di preferire i russi alla troika, e non per una questione di mera simpatia politica. «Con gli aiuti europei dicono di volerci salvare, ma poi restiamo in mutande» urla Haris, uno dei manifestanti riunitosi fuori dal Parlamento e dal palazzo presidenziale di Nicosia, dove ieri sono scoppiati scontri con la polizia mentre all'interno il presidente Anastasiadis illustrava il piano B a partiti e banchieri. Alcuni anni fa Haris ha acquistato obbligazioni con la sua liquidazione, un attimo dopo essere andato in pensione. E oggi rischia di perdere tutto. «Almeno i russi non ci impongono sacrifici né toccano i nostri risparmi» è la vulgata sempre più ricorrente.

Haris ne conosce molti di (presunti) oligarchi. È arrivato di buon ora nella capitale per manifestare assieme a trecento persone, ma vive nella marittima Limassol, nella parte meridionale dell'isola, dove il lungomare è stato ribattezzato Limassolgrad. Il perché è presto detto: ristoranti e locali che hanno bene in evidenza nomi in russo, i menù sono in caratteri cirillici, yacht di tutte le taglie ancorati in bell'evidenza. Il figlio di Haris si occupa della manutenzione di uno di quei bolidi del mare e fa un ragionamento tanto semplice quanto scomodo: «Ma se la coppia Merkel-Schaeuble vuole davvero moralizzare l'Unione come dice, perché iniziano proprio da qui e non dal Lussemburgo? E poi, che prove anno su chi investe da noi?».

E già, perché la partita non si gioca solo nelle «eurostanze» dei bottoni, ma soprattutto a Mosca e a Cipro, dove al largo delle coste dell'isola da un paio di giorni stazionano due fregate militari della marina russa. Non si sa mai, si giustifica Haris, convinto che quella dell'euro sia stata solo una follia. Da queste parti ai cittadini, che martedì potrebbero restare completamente a secco di contanti, non interessano più dichiarazioni ovattate di questo o di quel leader, o le promesse della Commissione europea che per tanti anni sull'occupazione turca ha pensato bene di rimanere in silenzio. Per le strade di Nicosia sono in molti ad aver apprezzato invece le parole del primo ministro russo Medvedev, che a proposito dell'iniziativa dell'Ue di voler tassare i conti correnti ha parlato di un elefante in gioielleria. «Ah, se ci fosse ancora il presidente Christiofias...» ammette Loukas. Lo stesso presidente che un mese fa aveva annunciato in lacrime il suo passo indietro e prima di decidere di non ricandidarsi era stato anche oggetto di un attentato incendiario, con una bomba ritrovata nel giardino della sua abitazione nella capitale. Qualcuno teme che gli eventi finanziari degli ultimi giorni non siano affatto casuali e che l'ex capo di Stato avrebbe potuto essere un interlocutore migliore di Anastasiadis che oggi ne ha raccolto il testimone.

«Siamo uomini in carne e ossa, non numeri», ammette orgogliosa Agatha, studentessa di archeologia bizantina che rischia di dover abbandonare gli studi se la situazione economica dovesse peggiorare. Il suo slogan incarna alla perfezione il sentimento di tutti i ciprioti, sì mansueti ed educati, ma niente affatto rinunciatari e molto tenaci, altrimenti come avrebbero resistito a invasori che ancora occupano il 47% della loro terra? Per questo non si danno per vinti e, nonostante il caos che potrebbe portarli fuori dall'eurozona, organizzano una mostra di icone per il 6 aprile, centesimo compleanno di Makarios III, arcivescovo della Chiesa ortodossa di Cipro e, dal '60 al '77, primo presidente della Repubblica dopo l'indipendenza politica. L'arte come una possibile risposta alla crisi: perché, rivendicano, «non vogliamo morire di spread».

twitter@FDepalo

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